Che cosa accomuna i no-Ceta e i no-vax

Milano – Da quattro settimane il mio  sito, come quello di molti altri parlamentari, è oggetto di un doppio mail bombing: ogni giorno centinaia di messaggi contro la ratifica del CETA, il trattato di libero-scambio UE-Canada, si mescolano a centinaia di messaggi contro il decreto sulle vaccinazioni obbligatorie.

Due scelte del Governo su temi diversissimi tra loro, che suscitano due moti di opposizione altrettanto diversi; ma tra le due contrapposizioni vedo alcune analogie importanti. In entrambi i casi si attiva un meccanismo di distorsione cognitiva, consistente in una grande sopravvalutazione del peso di alcune notizie negative (gli effetti indesiderati prodotti talvolta dalle vaccinazioni, la perdita di occupazione in alcune attività per effetto della concorrenza transatlantica) rispetto al risultato positivo di peso enormemente maggiore cui la scelta del Governo è mirata.

Ma c’è una analogia più profonda e più importante: in entrambi i casi, a ben vedere, si discute di un atto tendente ad attivare un gioco cooperativo, in cui tutti accettano un piccolo sacrificio, una modesta limitazione della propria libertà individuale (quella di non vaccinarsi) o della propria sovranità nazionale, sulla base della fiducia che tutti gli altri faranno altrettanto senza trucchi e senza riserve mentali, in funzione di un beneficio di cui godranno tutti; in entrambi i casi, viceversa, l’opposizione al gioco cooperativo si nutre del timore che la scelta sia dettata in realtà da interessi occulti (quelli delle grandi case farmaceutiche nel caso dei vaccini, quelli delle grandi multinazionali nel caso del CETA).

La realtà è che tutti i progressi maggiori dell’umanità sono sempre originati dal prevalere della fiducia reciproca, tra le persone e tra i popoli, sulla diffidenza; dall’ampliamento progressivo dell’area in cui ciascuno fa affidamento sulla trasparenza e correttezza del comportamento degli altri ed è pertanto disponibile a scommettere qualche cosa di proprio a vantaggio di tutti, in un grande “gioco a somma positiva”. Promuovere e “attrezzare” questo gioco tra le persone e tra le nazioni è, a ben vedere, la grande missione della (buona) politica.

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