Un esercito di circa 6 milioni di lavoratori autonomi, di “capitalisti molecolar”‘, che per l’80% ha una laurea e dove il 44,6% non supera i 15 mila euro di reddito l’anno. Soggetti spesso a forme di lavoro non regolate dai contratti nazionali e poco tutelate legislativamente, frutto di un processo partito circa 20 anni fa che, parallelamente alla riduzione delle tutele nel lavoro subordinato, produceva “una riduzione degli spazi di autonomia e di sicurezza economica che il lavoro autonomo e professionale aveva consolidato nei decenni precedenti”.
E’ il quadro che emerge dal libro “I professionisti e il sindacato: tra scoperta e innovazione”, a cura del responsabile delle professioni della Cgil, Davide Imola, presentato ieri nella sede del sindacato in corso d’Italia a Roma. Un testo di analisi del fenomeno ma anche di proposta per allargare la rappresentanza del sindacato a questa fetta di lavoratori. Per la Cgil, infatti,”è cresciuta in questa parte del mondo del lavoro la necessità di rappresentanza e, in assenza di un’iniziativa sindacale adeguata, sono proliferate le forme di auto organizzazione”. Da qui la nascita nel febbraio del 2009 della Consulta del lavoro professionale della Cgil, luogo di confronto con le realtà organizzate dei professionisti e dei lavoratori autonomi.
Il sindacato ha quindi aperto le porte di corso d’Italia ad archeologi e architetti, avvocati e praticanti legali, redattori editoriali e restauratori, promotori finanziari e periti assicurativi, e tante altre figure professionali. Sono attualmente 62 le associazioni e i gruppi informali che hanno scelto di sostenere la Cgil in questo percorso di comprensione e confronto. Per avere un quadro condiviso da cui partire la Cgil, assieme all’Ires, ha promosso un’indagine conoscitiva del mondo dei professionisti.