Cgia fa i conti in tasca alle banche: meno soldi alle imprese, più in titoli di Stato

Firenze – Cgia fa i conti in tasca lle banche per quanto riguarda l’anno passato, e ciò che trova non meraviglia: nel 2014 gli impieghi bancari alle imprese, citiamo direttamente dal resoconto dell’Ufficio studi dell’associazione di Mestre, “gli impieghi bancari alle imprese sono scesi di 6 miliardi, le sofferenze, invece, sono aumentate di 29 miliardi, mentre gli investimenti delle banche in titoli di Stato sono cresciuti di 14,7 miliardi”.

Ora, tutto sta nel leggere correttamente il dato. Ad avvisare di questo è proprio lo stesso segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi, che dice chiaro e tondo che questo quadretto non va demonizzato, in quanto si tratta di un’operazione che ha permesso all’Italia di riappropriarsi “del nostro debito pubblico che 4 anni fa era per il 40,4 per cento nelle mani degli investitori stranieri; oggi, invece, tale quota è scesa al 34 per cento. Certo, a seguito della contrazione degli impieghi non sono state poche le attività che hanno chiuso i battenti. Pertanto è necessario cambiare rotta. Tuttavia, se da un lato siamo diventati un Paese meno a rischio, dall’altro lato l’acquisto di Bot, Cct e Btp ha consentito alle nostre banche di aumentare il proprio livello di patrimonializzazione, così come imposto dagli accordi di Basilea”.

Insomma, se per ora è andata bene così (nonostante, ricorda l’associazione, ciò sia costato la chiusura di tantissime imprese) e i massicci investimenti degli istituti di credito italiani sui titoli di stato qualche buon effetto lo hanno avuto, ora tuttavia è il momento di cambiare rotta.

Intanto, c’è da registrare che, secondo quanto riportato dall’Ufficio studi Cgia, sta rallentando la caduta dei prestiti bancari alle imprese. Ecco i dati: nell’ultimo anno (tra l’ottobre 2014, ultimo dato disponibile, e lo stesso mese del 2013) le imprese hanno subito una riduzione degli impieghi pari a 6 miliardi di euro (-0,7 per cento). Rispetto alla fine del mese di ottobre del 2011, fase in cui ha inizio il credit crunch, la contrattura sfiora i 95 miliardi di euro (-9,4 per cento). Contemporaneamente si è assistito all’aumento delle sofferenze: nell’ultimo anno, dice Cgia, “sono aumentate di 29 miliardi di euro (+25,5 per cento), mentre dal 2011 all’ottobre del 2014 l’incremento si è attestato attorno ai 66 miliardi di euro (+85,6 per cento)”.

Allora, l’aumento dei rischi di sofferenze è stata la molla reale, dice Cgia, dell’aumento degli investimenti in titoli di Stato da parte dei nostri istituti bancari. Un vero e proprio boom, che ha visto, tra l’ottobre del 2011 e lo stesso mese dell’anno scorso, raddoppiare la quantità di titoli di stato italiani detenuti dalle banche del nostro Paese. “Se tre anni fa – informa la’Ufficio Studi – nelle cassette di sicurezza dei nostri istituti di credito gli asset governativi ammontavano a 208,6 miliardi di euro, nell’ultima rilevazione hanno toccato i 414,3 miliardi di euro. Nell’ultimo anno, invece, lo stock è cresciuto di 14,7 miliardi di euro (+ 3,7 per cento)”.

Se dunque nessun demonizzazione è in atto, tuttavia, dice la stessa Cgia, non bisogna dimenticare che una buona parte dei soldi utilizzati dagli istituti di credito italiani per l’acquisto dei titoli di Stato, è stata ottenuta dalla Bce con le due aste avvenute nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012. Risultato, le banche italiane si sono messe in tasca, dati Cgia alla mano, complessivamente e a condizioni molto vantaggiose, “ben 255 miliardi di euro”.

Esempi? A sfare. Ad esempio, a settembre e a dicembre dell’anno appena trascorso, “le banche italiane hanno potuto accedere ad altre due operazioni di rifinanziamento denominate TLTRO per un ammontare complessivo di 50 miliardi di euro. Soldi che la Bce ha espressamente chiesto che venissero erogati all’economia reale”. Indicazione molto precisa, che pur tuttavia sembra che le banche italiane abbiano passato in secondo piano. A ricordare che le cose sembrano essere andate diversamente una prima analisi messa in atto dalla Banca d’Italia, che potrebbe essere smentita alle prossime. E questi dati, “riportati – come precisa Bortolussi – dalla stampa specializzata qualche settimana fa”, parlano, per lo scorso mese di ottobre, di investimenti delle banche italiane per 18,4 milioni di euro in Btp. Vale a dire, il 70% dei 26 miliardi di euro “che hanno preso in prestito dalla Bce nell’asta TLTRO del settembre scorso”.

L’impressione è che l’andazzo non sia sfuggito a Francoforte, se il governatore della Bce Mario Draghi ha sentito la necessità di precisare che in occasione delle prossime aste i prestiti dovranno essere assolutamente erogati a famiglie e imprese.  

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