Firenze – La preoccupazione è tangibile e motivata: i lavoratori del Centro Servizi Volontariato Toscana hanno infatti appreso che la dirigenza del Centro Servizi ha inviato (il 22 ottobre scorso) una comunicazione a Regione Toscana e Provincia di Firenze per attivare la procedura di licenziamento per 15 dipendenti.
La firma è quella del presidente di Cesvot Federico Gelli. La procedura è così stata avviata. Ma le rappresentanze sindacali si mettono di traverso, e lamentano che il tutto è stato avviato “senza un confronto con il personale e le rappresentanze sindacali e senza altra motivazione che la riduzione delle risorse economiche a disposizione del Centro Servizi. Su quali risorse possa contare il Centro Servizi è noto dal 2013, a seguito dell’intesa nazionale con Acri, e dunque i lavoratori non capiscono perché fino ad oggi non si sia messo in campo un piano per far fronte alla diminuzione delle risorse”.
Il vero problema è che la crisi delle fondazioni bancarie ha un grosso peso sulle condizioni del sistema dei Centri Servizi per il Volontariato. Di questo, come si legge nella nota sindacale firmata Cgil, Cisl e Uil, i lavoratori sono ben consapevoli, e si rendono perfettamente conto della necessità di ridurre le spese. E tuttavia, il quesito principale è: “Perché i tagli di bilancio devono incidere quasi totalmente sul costo del personale? Perché non si è tenuto conto e non si vuole tenere conto di eventuali tagli ad altre voci di bilancio quali, ad esempio, affitti delle sedi (regionale e territoriali), contratti di collaborazione/consulenza con conseguente appalto di servizi a terzi, solo per indicarne alcune?”.
“E’ bene ricordare – aggiungono – che la normativa vigente prevede che “i centri di servizio hanno lo scopo di sostenere e qualificare l’attività di volontariato” e a tal fine “erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato, iscritte e non iscritte nei registri regionali, e ai singoli volontari”. Come si possono erogare servizi alle associazioni, sostenere l’attività del volontariato sul territorio riducendo l’orario di lavoro della struttura operativa o addirittura licenziando un terzo dei lavoratori? Cancellando i servizi si vuole forse trasformare il Cesvot in un bancomat?”.
Inoltre i lavoratori ricordano che il Cesvot ha finora impiegato, per fronteggiare la crisi, “parte delle riserve accumulate negli anni”. Risorse cospicue che, secondo i lavoratori, “dovrebbero essere impiegate per scongiurare il taglio di servizi e personale e rilanciare l’attività sul territorio”. Tant’è vero che i dipendenti di Cesvot hanno provveduto a inviare al Presidente Federico Gelli un documento proponendo alcune soluzioni possibili, che ancora non ha ricevuto risposta. Nel silenzio, la procedura di esubero procede e l’unica alternativa prospettata dalla Dirigenza Cesvot è quella dei contratti di solidarietà.
Ma risolveranno la crisi, i contratti di solidarietà, la cui durata è prevista per legge fino a un massimo di due anni? I lavoratori temono di no, pur non essendo a priori contrari alla misura. Infatti, secondo la loro analisi, la crisi di Cesvot non è tanto economica, quanto politica e organizzativa. E quello che manca, ribadiscono, è un piano (di cui non c’è traccia né per i lavoratori né per le 33 associazioni socie di Cesvot ) che configuri i passaggi per la salvaguardia dell’occupazione e delle attività di Cesvot. salvaguardare l’attività di Cesvot.
La richiesta in fine è quella di aprire un confronto costruttivo con le 33 associazioni socie, anche per configurare la possibilità di una via d’uscita dalla crisi che punti sulla valorizzazione del capitale umano. Non sulla sua “rottamazione” tramite licenziamento.