Cene Galeotte: creatività e rieducazione nel carcere di Volterra

Volterra –  2006-2016, Volterra, 10 anni di Cene Galeotte. Il profumo della solidarietà che sale dai piani cottura della cucina di un carcere, attraversa una vecchia cappella trasformata in salone di gala dove detenuti-camerieri-sommelier, impeccabili nelle loro divise, accolgono e servono (assai professionalmente) i loro graditi ospiti, supera le porte blindate, i cancelli sorvegliati 24 ore su 24, le spesse mura della fortezza medicea costantemente inquadrate dalle telecamere e arriva fuori, all’esterno, per poi spingersi lontano, fino a raggiungere altri luoghi di dolore, come i barconi dei migranti, come le terre devastate dalla guerra da cui giornalmente si fugge, come le tappe che scandiscono i disperati tragitti dei migranti.

Abituata da lungo tempo a scommettere sul valore della rieducazione, ad applicare alla lettera il dettame costituzionale che raccomanda la funzione rieducativa della pena, la casa di reclusione di Volterra rappresenta, grazie alla riuscita e al valore sociale delle sue attività trattamentali – tra cui spicca, per notorietà e riconoscimenti, quella del teatro, grazie alla Compagnia della Fortezza diretta da Armando Punzo, le cui produzioni rappresentano un’eccellenza artistica riconosciuta a livello internazionale – un’esperienza-faro. A cui spesso fanno visita numerose delegazioni o scolaresche di scuole superiori ed universitarie, che durante l’anno avanzano richiesta di visitare l’istituto per conoscere più da vicino il regime detentivo proprio di questa realtà carceraria, le sue dinamiche, gli ingredienti che caratterizzano la speciale alchimia di cui vivono i tanti progetti realizzati al suo interno.

Tra questi, le Cene Galeotte (www.cenegaleotte.it) rappresentano «un fiore all’occhiello», spiega il dirigente penitenziario Maria Grazia Gianpiccolo, direttrice del carcere di Volterra. Lo dice un attimo prima che la cena dell’11 marzo, quella del decennale, abbia inizio. I convenuti, circa 140 persone arrivate qui da diverse parti della Toscana, hanno già occupato i loro posti. «Questa è, per tutti noi, una serata straordinaria. Iniziammo a marzo 2006. In dieci anni, gli obiettivi raggiunti dalle Cene Galeotte, realizzate con l’appoggio del Ministero della Giustizia, sono tanti e importanti. 16 dei nostri ragazzi assunti dai ristoranti della città. 100mila euro raccolti per la fondazione onlus “Il Cuore si sciolglie”, ai cui progetti partecipiamo con il ricavato di ogni incontro. 13mila partecipanti dal 2006 ad oggi, più di 1200 solo nel 2015. Grazie a tutti voi, al vostro affetto. E grazie ai nostri partner storici: Unicoop Firenze, che copre le spese legali della serata, ci offre le materie prime necessarie alla preparazione dei piatti e assume i ragazzi, retribuendoli regolarmente, nei giorni che servono a organizzare l’appuntamento; Fisar-Delegazione Storica di Volterra, che è partner del progetto e si occupa sia della selezione delle aziende vinicole e del servizio dei vini ai tavoli, sia della formazione dei detenuti come sommelier, di cui ben 10 hanno già positivamente svolto il corso base di avvicinamento al vino e seguiranno il percorso formativo per raggiungere la qualifica di sommelier professionali; a Marco Buselli, sindaco di Volterra, per il continuo appoggio, per l’entusiasmo con cui segue tutto ciò che proponiamo; e, soprattutto, grazie ai nostri ragazzi, cuochi, camerieri, sommelier, che stasera hanno avuto il piacere di collaborare con lo stellatissimo chef Peter Brunel, del ristorante “Borgo San Jacopo” di Firenze. Il ricavato della cena di stasera va a un importante progetto che la fondazione “Il cuore si scioglie” dedica ai profughi provenienti da zone martoriate dalla guerra».

Di quelle zone parla nel suo saluto Cristina Franchini, rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati: «Stiamo parlando di intere famiglie  che lasciano la loro terra per cause di forza maggiore. La maggior parte delle persone che arrivano in Europa, l’85% di loro, sono gente che non aveva altra scelta che la fuga: potendo, sarebbero rimasti nel loro paese. Nel 2015, un milione di rifugiati sono arrivati in Europa, che ha 500 milioni di abitanti: lo 0,2%; il solo Libano ne ospita altrettanti. Non facciamoci spaventare dai numeri: è importante trovare un fronte comune che unisca le varie nazioni, cosa che per ora non sta riuscendo granché. 4000 persone morte durante i naufragi del 2015, e gli stati membri dell’Ue faticano a mettere in moto la solidarietà. Stare insieme, condividere qualcosa, capire gli altri: questo è, ora, ciò che conta. E questo è anche ciò che il progetto delle Cene Galeotte insegna. La solidarietà, l’importanza di distruggere le barriere, eliminare i pregiudizi, vincere la diffidenza».

Anche le scommesse vinte richiedono una costante, meticolosa manutenzione. Perché i risultati già conseguiti continuino a brillare, bisogna guardare oltre il traguardo delle cose fatte e prepararne di nuove. È la filosofia con cui il personale della casa di reclusione di Volterra affronta la sfida della rieducazione. I responsabili dell’area pedagogica attiva all’interno del carcere lo spiegano con parole efficaci. «La Reclusione di Volterra è un carcere caratterizzato da una spiccata propensione trattamentale, fortemente orientato al reinserimento dei detenuti nella società esterna dopo un percorso di recupero educativo e formativo espletato all’interno dell’Istituto tramite svariate attività. La Reclusione ospita detenuti cosiddetti “comuni”, condannati a pene medio-lunghe ed ergastolani. La cultura che permea tutto il personale dell’Istituto è caratterizzata dall’ascolto della persona, dalla sua conoscenza e dalla convinzione che, solo se il detenuto è occupato in attività lavorative, formative e culturali positive, si concilieranno le istanze di sicurezza e di trattamento rieducativo».

 Il modello di sorveglianza attuato all’Interno dell’Istituto «è di tipo “dinamico”. La comunicazione tra le varie figure professionali (polizia penitenziaria, medici, psichiatri, educatori, psicologi, eccetera) è costante ed estremamente proficua per offrire risposte alla particolare utenza del carcere. Da molti anni è forte la sinergia con il tessuto locale esterno, istituzionale e non; la partneship con gli enti locali ed il terzo ed il quarto settore (volontariato) permette di promuovere eventi e progetti finalizzati alla rieducazione del reo così come prevista dal terzo comma della nostra Carta Costituzionale. Nell’Istituto di pena volterrano infatti risultano attivati corsi scolastici relativi a vari cicli: la scuola primaria ed il corso di alfabetizzazione italiana, la scuola secondaria di primo grado e due corsi di scuola secondaria di secondo grado, uno per geometri e l’altro alberghiero ad indirizzo enogastronomico (questo ultimo indirizzato sia a studenti-detenuti, sia ad un gruppo di studenti esterni che quotidianamente entrano nell’Istituto per seguire le lezioni assieme ai ristretti).  Alcuni detenuti sono immatricolati presso l’università di Pisa e proseguono a distanza gli studi universitari effettuando gli esami presso il Polo Universitario di Pisa. Nel tempo si sono svolti svariati corsi formativi tra i quali l’ECDL Start e Core, corsi di pittura, di scrittura creativa, di lingua straniera e di musica, il corso per il rilascio dell’attestazione HACCP, eccetera».

 I detenuti hanno inoltre un ventaglio di altre opportunità rieducative, «tra le quali si annoverano i laboratori teatrali ed i corsi di formazione tenuti dall’associazione Carte Blanche (che annualmente propone, nel mese di luglio, anche la manifestazione VolterraTeatro), il progetto Cene Galeotte con la collaborazione dell’Unicoop Firenze, il progetto di ortovivaistica “L’Orto luogo di vita e di emozioni”, il progetto “I Cuccioli di ARGO” che prevede interventi di agility dog e di accadimento degli animali, corsi per arbitri di “calcio a 5” e un progetto denominato “Gruppo di Ascolto” tenuto dall’esperto psicologo della Reclusione. All’interno si svolge inoltre l’attività di sartoria, per rispondere in via prioritaria a commesse ministeriali; all’interno della sartoria si svolgono lavori in pachwork che sono esposti e venduti dai detenuti medesimi in mostre espositive locali. La sartoria ha prodotto lo scorso anno, in collaborazione con la fondazione Un Cuore si Scioglie, manufatti per il finanziamento di progetti di solidarietà sociale. Attualmente risponde anche ad una commessa privata per la creazione di bambole (My Doll) per un’impresa toscana. In continuità con gli anni precedenti, sono attivati vari progetti relativi a discipline olistiche e di meditazione (Reiki, Shatzu, Meditazione, Yoga) di grande importanza per la condizione di restrizione della libertà che, in considerazione della pena da scontare, soffrono gli ospiti della struttura».

 

 

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