Firenze – Nadia parla e gesticola come se non avesse fatto altro che raccontare di sé, padrona dello spazio e del momento. Ha due sopracciglia così definite e sottili che sembrano disegnate e una massa di curatissimi capelli ricci. È la più bella, stasera. Vestita di nero e verde, riempie i piatti e serve da mangiare dietro il tavolo sistemato a Nord dei Giardini Chelazzi, in Via dell’Agnolo. La cena del Movimento “Lotta per la casa” è stata organizzata anche per lei, e per tutte le altre donne che – dopo lo sfratto dello scorso 5 giugno dal palazzo di Via Pier Capponi – tre giorni dopo hanno occupato un hotel in disuso dal 1999 in Via Bardazzi, all’angolo con Via Baracca.
Nadia sorride sempre, e forse è questa la sua forza. Ha girato tutta Italia per cercare lavoro: Palermo, Napoli, Bologna e molte altre città. È arrivata a Firenze un anno fa. Il lavoro non l’ha trovato, ma ha deciso di rimanere. “Senza il Movimento saremmo in strada”, spiega. Nel palazzo occupato ci sono dodici donne: nigeriane, romene, marocchine e anche tre italiane. Chiedono aiuto alla Caritas per il cibo o a fine giornata, nei bar, raccolgono quello che avanza; oppure al mercato di Novoli alle cinque del mattino. Da Via Bardazzi spesso vanno ancora nella zona di Via Capponi a cercare da mangiare, nei luoghi che ormai conoscono dopo un’occupazione durata più di sei mesi.
Il suo bambino va a scuola tutti giorni, a Lastra a Signa, in treno, autobus o tramvia, senza biglietto, con la paura nel sangue. Ma è importantissimo imparare l’italiano e istruirsi, osserva Nadia: “Noi non abbiamo studiato e forse è anche per questo che non troviamo lavoro”.
Altre due donne si avvicinano per raccontarsi. “Se ci fosse il lavoro, noi pagheremmo l’affitto”, afferma Heida come a volersi discolpare: è a Firenze da 4 anni dopo un matrimonio finito male anche a causa della crisi. Viveva a Perugia con il marito, poi lui ha perso il lavoro ed è tornato dai suoi genitori. Lei se n’è andata. “Il Movimento ci aiuta”. All’Hotel occupato si trova bene. Un’altra donna aggiunge: “Meglio questo di niente.”
Una diatriba con il proprietario del ristorante “Movida”, al pianterreno proprio sotto ai locali occupati, rende tutto più difficile. Il gestore avrebbe accusato una perdita d’acqua e avrebbe chiuso i rubinetti dei tubi situati in cantina. Il ristorante è sempre stato pieno, sia ora che prima, sostengono le donne. Ma senza acqua per la doccia, a maggior ragione con il caldo, gli occupanti chiedono che si prendano provvedimenti.
Si avvicina anche una ragazzina: è timida, nasconde la bocca dietro la collana. La madre dice sorridendo: “Non posso farle cambiare scuola, anche se ci siamo spostati”. Ormai ha i suoi amici, la sua classe. È italiana in tutto e per tutto. Resterà in Italia. E ha il diritto di avere una casa.