Cave sicure ma anche dialogo, ambiente e formazione

Lucca – Sicurezza ma non solo. Il progetto straordinario sulle cave, protocollo sottoscritto nel 2016, ha permesso un lavoro di squadra fra Regione, Procure, Arpat, Asl, carabinieri forestali e capitaneria di porto, che ha avuto immediatamente una ricaduta importante sia sulla sicurezza, sia sulla sensibilità ambientale degli operatori. Tant’è vero che non solo è auspicabile, come ha detto il presidente Rossi ieri a Lucca per fare il punto della situazione, che si proceda con quello che è diventato un esempio di buon metodo, ma anche, andando oltre, utilizzarlo per arrivare a risultati importanti sia dal punto di vista dell’ambiente che della formazione.  Vale a dire, con un esempio di economia circolare, riutilizzare gli scarti di cava e creare un biennio di formazione specifico post-diploma per i ragazzi che volessero intraprendere il lavoro di cava. Con il valore aggiunto di creare una fascia intermedia di operatori specializzati a vantaggio sia della sicurezza del lavoro, sia della sensibilità ambientale. E la via per rendere il protocollo legge, potrebbe proprio stare in quel regionalismo differenziato di cui Enrico Rossi si è fatto portavoce e su cui già è stata avanzata una proposta al governo.

Fra i dati resi pubblici ieri a Lucca, quelli degli infortuni. Dal 2006 al 2016 sono diminuiti gli infortuni in cava: da 174 a 61. Sono però aumentati gli incidenti mortali, l’ultimo appena quindici giorni fa. Dal 2006 al 2016 nelle sole cave delle Apuane e della Versilia si sono registrati dieci infortuni che si sono conclusi tragicamente: 1 nel 2006, 1 nel 2007, 1 nel 2010, 1 nel 2012, 2 nel 2015 e 4 nel 2016. Nel 2017 non si sono registrate morti, invece due nel 2018 (l’ultimo a luglio). Nelle aziende del lapideo, sempre dal 2006, si sono contati 1340 infortuni e tre incidenti mortali, due dal 2015.

In generale, ecco la potenza di fuoco del settore: nel comprensorio apuo-versiliese si contano più di trecento cave di marmo. Quelle attive sono attorno alla metà: novanta in provincia di Massa Carrara, sessanta in quella di Lucca. Ed ecco l’aumento dei controlli: al giro di boa del 2018 l’Asl Nord-Ovest registra, nei primi sei mesi dell’anno, già 605 accessi – una media di 8 o  9 a cava: 211 nel lucchese, 394 a Massa Carrara – e 168 nei laboratori sui 360 programmati. Ne sono scaturite quindici ‘non conformità’ e due sanzioni amministrative.  Obiettivo importante, è stata definita una procedura omogenea per il ribaltamento delle bancate sezionate dal monte: un modo per accrescere la sicurezza sul lavoro. Da qui a dicembre una procedura ugualmente omogenee sarà elaborata per la movimentazione dei materiali. Altre due erano state partorite l’anno scorso.

Presenti a Lucca, ieri,  il presidente della Toscana Enrico Rossi, i tecnici di Regione, Asl e Arpat, il procuratore  Pietro Suchan di Lucca, rappresentanti dei carabinieri forestali della Direzione Marittima ed anche, in via straordinaria, le parti sociali e dunque rappresentanti di  lavoratori e imprenditori con cui l’incontro è stata un’occasione di confronto.

Il punto qualificante è messo sul tavolo da Rossi, e riguarda “l’economia circolare”, agganciato alla necessità di “un piano cave che obblighi al riutilizzo dei residui di lavorazione”, che possono essere le scaglie di marmo, la terra mista a sassi e magari anche la marmettola. Residui copiosi. “Serve un piano che chiuda il cerchio dell’economia circolare – sottolinea Rossi – sarebbe un contributo alla salvaguardia dell’ambiente e alla sicurezza idrogeologica. Valorizzerebbe anche le cave stesse”.

Anche formazione: Rossi lancia la proposta di un istituto tecnico superiore, due anni post diploma come già ne esistono in altri distretti della Toscana, con programmi didattici concertati con gli imprenditori, ma vocato in questo caso alla lavorazione nelle cave e nei laboratori: trenta o quaranta diplomati l’anno, per qualificare l’occupazione in montagna e in azienda e creare “una classe dirigente intermedia con una maggiore sensibilità ambientale e sulla sicurezza”.

Poi c’è il tema della concessioni. Il presidente non sarebbe contrario, dice, a vincolare il rinnovo del diritto d’uso e di scavo in cambio di precisi impegni. “Non sarei contrario – sottolinea – se gli imprenditori presentano un piano industriale che valorizzi la salvaguardia dell’ambiente, la sicurezza e la creazione di posti di lavoro”. Un premio a fronte di uno sforzo ripetuto e continuo, a partire da chi ha già messo in campo azioni positive. “Su tutte e tre queste necessità – conclude Rossi– sull’economia circolare, sulla formazione e sulla durata delle concessioni stiamo già discutendo e lavorando. Come giunta e come maggioranza”. Il cardine rimane la necessità di combinare l’attività estrattiva, che la Regione non vuol ridurre, con la la tutela dell’ambiente. Un sogno difficile ma non impossibile, per utilizzare le parole di Rossi, in cui “la ricchezza produce lavoro, sicuro, quella ricchezza viene anche redistribuita e la produzione rispetta ambiente e paesaggio”.

 

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