Lo abbiamo fatto un po’ per metterci alla prova, un po’ come conseguenza di quanto andiamo scrivendo da tempo: le tre serate del Catòmes Pòet (contro il cinguettìo della vita moderna) certo a tratti brancaleonesche, hanno comunque avuto un pubblico composto da 150 persone almeno per la vendita di una 50ina di libri di autori locali. Dite poco? Chiedetelo ad editori e librai.
Sarà ma c’è da chiedersi da quanto decenni non si organizzava, a budget zero, in una manciata di giorni e con la sola compiacenza del Comune con Restate e dei gestori del Circolo di piazzale Fiume, una rassegna di confronto di scrittori e scritture trasversale a diverse generazioni e culture. A memoria, più o meno, dalla fine degli anni ’80. Da lì in poi, col crollo delle ideologie e dei partiti che le incarnavano presuntamente, la parola d’ordine mai pronunciata nettamente ma fattasi strada in modo sotterraneo e per quieto vivere delle nasciture coalizioni di potere, è stata quella del divieto o quasi di un qualsivoglia dibattito fuori dai centri di orientamento (o meglio dei suoi tentativi) dell’opinione pubblica. Cenacoli sedicenti intellettuali, feste di partito, organizzazioni e associazioni con precise finalità.
Paradossalmente, proprio quelle istanze ideali che dalle nostre parti si sono scontrate a volte anche con le armi, si sono ritrovate l’una a fianco dell’altra a gestire il “bene comune” in nome del popolo amalgamandosi senza approfondire una conoscenza reciproca. Una forzata convivenza conveniente. C’erano, diciamo così, cose più urgenti da fare. Col sorgere del nuovo secolo, e con esso del nuovo millennio, la completa sostituzione dell’agorà e degli spazi dialettici intesi fisicamente (come spazio e interlocutori in carne ed ossa) da parte dei social media azzera individualità e di una democratizzazione apparente dei processi informativi, laddove in realtà trionfa il più totale relativismo del reale (cioè qualsiasi tesi vale esattamente come il suo contrario), hanno fatto il resto.
Il resto è soprattutto l’assenza di scrittori reggiani riconosciuti a livello nazionale almeno dalla prima metà del XX secolo, e siamo stati molto larghi e molto poco critici. Non che qualcuno dei circa dieci autori che si sono alternati al Catòmes Pòet possa aspirare a colmare il gap temporale ma insomma una ragione per questi decenni di serie B della narrazione ci sarà pure.
Per noi è da individuarsi nell’appiattimento reciproco di politici e uomini di cultura ciascuno sulle posizioni dell’altro: alla politica non dispiace l’assenza di pensiero critico, specie se interno e promuove solo il pensatore organico. Al pensatore tutto sommato non spiace più di tanto trasformarsi nel cantore della maggioranza se questo gli vale la pagnotta. Tutto qua. Per noi l’aver organizzato un mini ciclo letterario senza altra finalità che la discussione tra autori e la presentazione delle loro opere, equivale già ad un micro successo, sgangherato finché vogliamo. L’inizio di un’inversione di tendenza.
La formula, che necessita già di corpose correzioni, sarà dunque riproposta. Magari con adeguati puntelli istituzionali (che non ne stravolgano il senso) e qualche contrappunto economico. Per il momento vi invitiamo ad un maxi reading poetico che si terrà a metà settembre (ma saremo più precisi) sempre al Catòmes Tòt. Dove gli intervenuti potranno partecipare direttamente alla selezione degli scrittori. Si chiamerà “Poeta sarà lei – ciao Giacomo (Leopardi)”. A presto.