In Italia si torna ad affrontare alluvioni e altri disastri provocati dal maltempo. La catastrofe è arrivata per l’appunto pochi giorni dopo la pubblicazione da parte di Snpa, (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente in seno all’ Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), dell’edizione 2023 del rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”. Un rapporto che fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e permette di valutare il degrado del territorio e l’impatto del consumo di suolo, dell’urbanizzazione e delle infrastrutture sul paesaggio e sui servizi ecosistemici.
I dati di Snpa sono, specie dopo gli ultimi fatti, allarmanti: ci mostrano che il consumo di suolo, dopo essere cresciuto negli anni a dismisura ma avere anche un po’ rallentato negli ultimi tempi, da due anni non rallenta più. Al contrario, nel 2022 accelera bruscamente e torna a correre a ritmi che in Italia non si vedevano da più di 10 anni. I fenomeni di trasformazione del territorio agricolo e naturale in aree artificiali hanno infatti sfiorato i 2,5 metri quadri al secondo, 210 mila metri quadri al giorno: il mangia mangia più alto degli ultimi 11 anni, che ha coperto in un solo anno quasi 77 chilometri quadrati, il 10% in più rispetto al 2021, e consumato 900 ettari in aree a pericolosità idraulica media.
Così la furia della natura violata e le baruffe di vento e acqua resi estremi dal climate change si incrociano con l’incuria umana, la quale, oltre a a spandere per l’aria tonnellate di sostanze climalteranti, si accanisce a consumare una quantità di suolo proibitiva. Un abbraccio micidiale che, come abbiamo visto negli ultimi giorni, si abbatte, favorito da eventi meteo estremi, su luoghi e popolazioni trasformando aree abitate e industriose attraversate da rivoli e corsi d’acqua che scorrono in vaste porzioni di suolo impermeabilizzato da cemento e asfalto, in enormi laghi morti che coprono tutto, uccidendo le persone, lasciandone altre senza il necessario per sopravvivere, a cominciare da acqua e energia, distruggendo il tessuto imprenditoriale. Come, per esempio, in questi giorni è accaduto in Toscana, in particolare nella Piana alle porte di Firenze, Una regione fragile la Toscana , dove quasi un terzo del territorio consumato ricade in area di pericolosità da frana (31% contro la media italiana dell’8%) e un quarto in area di pericolosità idraulica media (23,8% contro il 12% nazionale).
La copertura del suolo, che è una risorsa vitale in quanto fornitore di acqua, cibo e materie prime che vengono a mancare ha anche prodotto, avverte Snpa, città troppo calde e impermeabili e sempre meno aree agricole e servizi ecosistemici. Non solo, ma le alte temperature anomale ultimamente registrate, avverte il rapporto, “non derivano solo dai cambiamenti climatici, ma anche dal consumo dissennato di suolo che rende il tessuto cittadino ancora più caldo, soprattutto nei periodi estivi”. Le città si surriscaldano, rimpiange Snpa, monitorando che “nei principali centri urbani italiani la temperatura cresce con l’aumento della densità delle coperture artificiali, raggiungendo nei giorni più caldi tra i 43 e i 46 gradi nelle aree più sature e seguendo andamenti diversi a seconda delle caratteristiche del territorio circostante”. Il rapporto spiega che in media la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4 gradi d’estate con massime di 6 a Firenze e di oltre 8 a Milano.
Questo per quanto riguarda il caldo. Ma c’è di più. Come sottolinea Snpa, costruzioni e infrastrutture rendono il suolo impermeabile e incapace di assorbire l’acqua scaricata dal cielo, esponendo la popolazione al rischio alluvioni e inondazioni. Basti pensare a quegli oltre 900 ettari di territorio nazionale impermeabilizzato nel solo 2022 nelle aree a pericolosità idraulica media di cui parlavamo all’inizio. Da una parte, avverte il rapporto Snpa 2023, l’esagerato consumo di suolo provoca una costante diminuzione di aree agricole di cui in soli 12 mesi si sono eliminati altri 4.500 ettari, il 63% dell’intero consumo di suolo nazionale, con conseguenze dannose, essendo il suolo una risorsa fondamentale per la sopravvivenza perché genera cibo, acqua, materie prime.
Dall’altra parte, la forzata impermeabilizzazione impedisce al suolo di assorbire l’acqua piovana rendendo l’ambiente vulnerabile , tanto più adesso che le precipitazioni sono sempre più concentrate e torrenziali e gli eventi climatici estremi sono e diventeranno sempre più frequenti. Monitorizzando per la decima volta il paese, il report 2023 fornisce un quadro aggiornato della progressiva perdita di suolo che avviene soprattutto nelle zone urbane a scapito delle aree agricole e naturali, ma anche intorno ai centri urbani, dove il suolo viene consumato per creare infrastrutture incoraggiate dalla maggiore accessibilità del territorio e della crescente richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica. Le conseguenze sono contrapposte: da un lato avanza la diffusione, la dispersione e la decentralizzazione urbana e dall’altro la densificazione delle città che perdono le superfici naturali al loro interno , superfici che invece favorirebbero l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto. Avviene soprattutto nelle aree costiere e di pianura, mentre nelle aree marginali si abbandono le terre e si frammentano le aree naturali.
Nonostante la Soil Strategy voglia azzerare il consumo del suolo entro il 2050, l’Europa appare ancora lontana dal traguardo, specie l’Italia fortemente abitata e industrializzata dove, in assenza di norme pubbliche adeguate, il consumo di suolo, denuncia Spna, continua a trasformare il territorio nazionale. Al 2022 la copertura artificiale si estendeva per oltre 21.500 chilometri quadrati, il 7,14% del suolo, e la perdita di questa risorsa fondamentale e degli ecosistemi connessi non conosce battute d’arresto. Oltretutto, considerando il consumo di suolo totale dell’ultimo anno, il rapporto scopre che più del 35% (oltre 2.500 ettari) si trova in aree a pericolosità sismica alta o molto alta.
La logistica e la grande distribuzione organizzata, che rientrano tra le principali cause di consumo di suolo in Italia, nel 2022 toccano il massimo dal 2006, con un picco di crescita superiore ai 506 ettari. Negli ultimi sedici anni il fenomeno si è concentrato nel Nord-Est del paese, con oltre 1.670 ettari (il 5,8% del totale del consumo di suolo dell’area), seguito dal Nord-Ovest con 1.540 ettari (6,1%) e il Centro (940 ettari:4,7%). Le grandi infrastrutture rappresentano l’8,4% del consumo totale, mentre gli edifici realizzati negli ultimi 12 mesi su suoli che nel 2021 erano agricoli o naturali sfiorano i 1.000 ettari, il 14% delle nuove superfici artificiali. Altri 948 ettari (il 13,4%) in più servono per piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate, mentre le aree estrattive consumano 385 ettari di suolo in un anno, pari al 5,4% del totale. Per l’installazione a terra di impianti fotovoltaici si sono resi necessari quasi 500 ettari di terreno.