Firenze – Dopo 21 anni dall’uccisione del parà di 26 anni, Emanuele Scieri, si sono concluse le indagini preliminari con la richiesta di rinvio a giudizio di tre ex caporali della Folgore per omicidio e due ex ufficiali, accusati di favoreggiamento.
La verità sulla morte di Emanuele Scieri, avvenuta il 13 agosto del 1999, sembrava non arrivare mai. Le indagini che furono avviate dopo l’accaduto non individuarono i soggetti responsabili, seppure la tesi del suicidio del ragazzo fu scartata quasi subito, il processo non si concluse con l’identificazione dei colpevoli.
Il corpo del ragazzo venne ritrovato il 16 agosto, secondo la ricostruzione dei fatti Emanuele venne sorpreso mentre utilizzava il cellulare e i commilitoni a quel punto decisero di punirlo, il parà tentò di fuggire su una torretta, che si trovava a pochi metri di distanza dal magazzino di casermaggio, ma le botte che gli venivano inflitte alle mani e al corpo fecero precipitare il ragazzo da un’altezza di dieci metri. Il corpo venne lasciato agonizzante ai piedi di quella torretta e solo dopo due giorni, durante un turno di pulizia, venne ritrovato da quattro compagni di corso.
A causa di una regola non scritta di omertà, la difficoltà di far parlare chi aveva visto o sentito qualcosa ha avuto forte ripercussioni sullo svolgimento delle indagini, inoltre essendo un omicidio avvenuto all’interno c’è anche il sospetto che qualcuno abbia tentato di inquinare o nascondere prove incriminanti. La pista del suicidio, che all’inizio sembrava la più accredita, subito dopo si rivelò infondata, mentre quella di abuso di potere attraverso le pratiche di nonnismo divenne quella più credibile.
Il caso Scieri divenne il caso pilota che poi fece aprire diverse indagini conoscitive sul fenomeno del nonnismo in generale all’interno delle caserme, eppure con lo sforzo negli anni dell’associazione “Giustizia per Lele” e dopo con l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta nel 2015, approvata a larghissima maggioranza, salvo l’astensione del gruppo parlamentare della Lega Nord, l’attenzione sull’omicidio Scieri tornò a essere alta portando a degli elementi di svolta.
“I nomi fondamentali sono stati scoperti dal lavoro minuzioso e articolatissimo che ha fatto la Commissione e poi gli inquirenti in cui si era cercato di guardare sempre gli stessi elementi per poi comporre il puzzle sugli avvenimenti di quella notte. L’intuizione fondamentale della Commissione fu quella di scoprire che anche se i militari non erano in servizio avevano comunque l’abitudine di pernottare all’interno della caserma, aumentando il numero dei presenti segnalati nelle prime indagini”, queste sono le parole dell’avvocatessa della madre di Scieri, Maria Luisa Furnari.
Il rallentamento nella formazione della commissione di inchiesta, ha commentato l’avvocatessa, è stato causato dalla convinzione sbagliata da parte delle istituzioni che si volesse fare un processo al mondo delle forze armate, al contrario: “solo accertando i veri e unici responsabili si poteva salvaguardare l’immagine delle forze armate”.
Il 18 settembre si terrà l’udienza preliminare al Tribunale Militare, nella quale il Ministero della difesa si costituisce come parte civile e responsabile civile, un doppio ruolo che fa intuire come l’apparato istituzionale, percependo la gravità di ciò che è accaduto, si assume le proprie responsabilità penali e giuridiche. Il 9 Novembre, invece, alla Procura della Repubblica di Pisa il Gup toscano si pronuncerà per l’udienza preliminare.
In futuro la Cassazione dovrà pronunciarsi su quale dei due tribunali spetterà andare avanti. Il Tribunale Militare nel 2017, con riferimento giuridico all’ art. 195 del Codice penale militare di pace, dichiarò di voler riaprire le indagini poiché qualora il reato di abuso di potere venga inflitto tra militari di grado diverso la competenza e la giurisdizione spetterebbe al Tribunale Militare.
Al di là del conflitto di competenze tra magistrature e quindi quale dei due organi valicherà la fine di questo drammatico processo, la determinazione nella ricerca della verità e l’eventuale condona dei colpevoli saranno gli strumenti con cui le istituzioni cercheranno di rispristinare la fiducia tra cittadini e stato, fiducia che in questi 21 anni è stata messa a dura prova.
Foto: Emanuele Scieri