L’opzione più difficile e, forse per questo, la più criticabile. Dalla seduta congiunta delle commissioni affari istituzionali di comune e provincia davanti al presidente della Manodori Gianni Borghi (presente anche la Camera di commercio) è emerso l’orientamento dell’ente davanti alla richiesta ricapitalizzazione di Unicredit. Quella cioè di sottoscrivere in toto l’aumento. Nonostante tutti i partiti, eccezion fatta per il PdL, abbiano sgranato gli occhi.
Una scelta che porterebbe la fondazione ad indebitarsi con le banche fino a un massimo di 35 milioni di euro (il massimo consentito dalla statuto) e a utilizzare poi un contratto “call” per rivendere le azioni (entro dieci mesi allo stesso prezzo di mercato acquistate). Scelta molto rischiosa visto l’andazzo dei titoli della banca di riferimento. Ma le altre due strade, partecipare solo in parte all’aumento o non farlo per niente, sono giudicate dai vertici della Manodori ancora più sconvenienti.
E’ facile ipotizzare, da qui al giorno della decisione, una battaglia politica interna ed esterna alla fondazione. Perché la decisione finora perseguita, quella di seguire a ruota la volontà di Unicredit è da anni terreno di scontro tra le parti e le istituzioni di casa nostra