Firenze – Eppure, era stata proprio la commissione comunale mobilità, nel 2012, a darle parere favorevole. A seguito di vari sopralluoghi dei tecnici di Casa spa (“Li hanno fatti tornare più volte” precisa la protagonista di questa storia di “malacasa”) Rosalba Bruno e le sue due figlie dovevano essere spostate da quell’appartamento, case popolari di via Zanella a Firenze, in quanto, come dichiaravano i tecnici, non risultava l’agibilità dell’immobile, poco più di 80 metri quadri sotto il piano del marciapiede, con l’Arno a pochi metri e muri, come dissero i tecnici al tempo, perennemente umidi.
Eppure, proprio su quell’immobile, assegnato nel 1994 in condizioni di urgenza alla giovane donna con sfratto esecutivo e due figlie di cui una di pochi giorni e l’altra tredicenne, Rosalba Bruno spese il piccolo lascito che gli era provenuto da una famiglia di anziani che erano morti e di cui si era occupata. Circa 50 milioni di vecchie lire andate per la maggior parte a cercare di rendere quella casa abitabile, a prosciugare quell’umidità che costava già tanto in termini di salute fisica e psicologica al piccolo nucleo famigliare. Che nel frattempo e engli anni, si era arricchito di una presenza maschile, il nuovo compagno di Rosalba, e due cani, di cui uno, con tanto di “carte” del comune, adottato nel canile comunale e strappato al traffico degli esperimenti.
Ma, se nel 2012 tutto sembrava ormai avviato a felice conclusione, la vicenda non procede. Fiduciosa, Rosalba, come racconta, se ne sta “tranquilla, fidando nel fatto che ormai la comunicazione dell’accettazione della domanda di mobilità è avvenuta, e dunque che la pratica è partita”. Passano gli anni, niente. La casa comincia a diventare sempre più inabitabile, le bambine crescono ma soprattutto la maggiore accusa varie patologie, fra cui un dolore alle spalle che viene certificato come periartrite, patologia solitamente emergente in età più avanzate. Purtroppo, l’umidità della casa non aiuta, e non aiuta neppure la combattiva Rosalba.
“Sono costretta a prendere a distanza di qualche giorno, dei cortisonici – dice la donna – in quanto i dolori mi fanno vedere le stelle”. Gli abiti, le coperte, tutto ciò che si trova in casa puzza di muffa. Situazione che diventa sempre più grave, con il procedere dei cambiamenti climatici, che sì, vanno verso una siccità diffusa, ma quando piove – dice Rosalba – le bombe d’acqua diventano un vero incubo”. Anche perché, avendo le finestre a un’altezza non raggiungibile da terra, è anche difficile arieggiare.
“Arieggiare? … – fa eco Bruno – in realtà, le finestre danno sul piano della strada” e dunque, zaffate di scarichi e polvere. Ecco l’aria.
Dài, picchia e mena, dopo aver dovuto presentare agli uffici almeno altre tre volte la domanda di mobilità (accettata, ricordiamo, nel 2012) con Isee e nucleo famigliare, nel 2015 sembra che un’assegnazione diversa salti fuori. Nel frattempo, a una prima richiesta di agganciare al nucleo famigliare il nuovo compagno, con cui vivono more uxorio da anni, gli uffici comunali oppongono un rifiuto. Perché? Sembra che il nuovo compagno appaia come comproprietario dell’abitazione che è rimasta, per decreto del giudice, in uso alla prima moglie. E dunque, non si può “aggregarlo”. Ma la convivenza more uxorio è prevista per legge, e una volta che è stato accertato che il bene non è più nella sua disponibilità, la seconda richiesta, viene accettata.
Sì, ma è troppo tardi. Infatti, la nuova assegnazione proposta è un appartamento di 45 metri quadri, con un’unica stanza e un soggiorno-cucina-camera da letto. Il che significa: due stanze, tre persone, per il Comune; di fatto, 2 stanze, 4 persone e due cani. In ogni caso, anche se si trattasse del nucleo originario di madre-due figlie, la sistemazione sarebbe: madre e figlie, nel frattempo cresciute, nell’unica stanza di circa 14 metri quadri, oppure una delle due a dormire in cucina. La situazione è resa possibile dal subentro della nuova legge sulla casa, che prevede 14 metri di spazio per persona. Contando la cucina, dal momento che la legge 41 stabilisce che vi si può dormire. In cucina, Anche in due..
La cosa sembra troppo una presa di giro, alla famigliola, ad oggi anche allargata. Come, l’accoglimento del 2012 avrebbe permesso un’assegnazione secondo i vecchi criteri della legge 96/96 e per l’immobilismo degli uffici comunali si giunge fino al 2015, si applica una legge che, dice Rosalba, “al momento della domanda era ancora inefficace”, e alla fine … alla fine, da Casa spa giunge anche che l’assegnazione è stata rifiutata. “Non ho detto mai che rifiutavo – dice Rosalba – ho detto che la sistemazione proposta era impossibile da praticare”.
Sia come sia, interviene il Sunia e mette i piedi nel piatto. Vista la piega che stanno prendendo le cose, si riparte da capo. Allora: per l’ennesima volta Isee, dichiarazione del nucleo famigliare, ecc. Tutto viene rivisto e rifatto. Ma … ecco la tegola: arriva la comunicazione che Rosalba Bruno è stata “espulsa” dalla lista delle mobilità. Perché? Per un vecchio contenzioso in capo a una delle figlie sul conto delle Poste. Sì, ma il tutto, come spiegano dal Caf della Cgil dove è stato fatto l’Isee, era già stato “sanato” l’anno prima, con l’introduzione del nuovo Isee “giusto” . Ma gli uffici, forse per una svista, non ne hanno tenuto conto. Morale: la famigliola è ancora nella casa sempre più umida e ad oggi non si vede soluzione.
“La situazione della signora Bruna è tipica dei giorni d’oggi – dice Laura Grandi, segretaria del Sunia toscano – la nuova legge regionale è da cambiare. Non foss’altro per la questione che per la nuova legge 41 la cucina rappresenta un vano utile per farvi dormire due persone. E’ evidente che questo punto va cambiato, in quanto configura situazioni prive di dignità per le persone. Detto questo, la lentezza con cui si risponde alle richieste di mobilità è francamente inaccettabile. La signora Bruno è finita fra gli ingranaggi di una legge congegnata male e che rischia di non rispettare il primo dei diritti che è quello di essere considerati con dignità. Tutto questo fa riflettere sulla necessità di mettere in campo delle risorse costanti e certe per finanziare l’edilizia pubblica e per dire ai comuni la possibilità di procedere alle ristrutturazioni dando così risposte concrete al bisogno”.