Questi in sintesi i punti su cui l’assessore alla casa del comune di Firenze Claudio Fantoni si basa per affrontare l’intricata questione delle politiche abitative fiorentine.
Senza nascondere i problemi, una delle questioni più spinose dell’intero sistema “case popolari” è quella degli alloggi di risulta. Cosa ha fatto il comne e quanto pesa ancora il problema sulla disponibilità di case?
Abbiamo fatto molto, come si evince dal numero degli alloggi di risulta che abbiamo assegnato in questi anni, molto superiore a tutte le precedenti amministrazioni. Il problema di fondo è legato sempre alle risorse: il contributo straordinario della Regione per il ripristino e la riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica ci ha aiutato intanto ad abbassare il numero degli alloggi vuoti, ma è necessario comprendere che il problema va affrontato in modo strutturale, se non si vuole che si ripresenti perennemente.
In generale, come pensate di poter gestire una situazione che, dati alla mano, diventa sempre più complessa e di difficile soluzione?
Premesso che il problema delle risorse rimane alla base di qualsiasi politica abitativa sia comunale che nazionale e regionale, i punti di forza del nostro approccio sono costruire sviluppando politiche attente alla qualità dell’abitare, che significa sia impiegare tecnologie che permettono sviluppo sostenibile e forti risparmi energetici, sia impedire la tendenza alla ghettizzazione che hanno da sempre accompagnato gli insediamenti di alloggi popolari. Quando si parla di attenzione alla qualità dell’abitare, ci si riferisce anche a casi in cui il patrimonio immobiliare è così degradato o scadente che conviene abbatterlo completamente e ricostruire usando criteri diversi e migliorativi.
E’ il caso, ad esempio, di via Torre degli Agli, in cui si è deciso di ricostruire completamente un lotto di 64 alloggi arrivando a 90 unità realizzate con criteri bioclimatici come la ventilazione naturale e sistemi di ombreggiamento e con altissima efficienza energetica e con tecnologia Xlam (strutture portanti in legno). Abbiamo firmato il protocollo e stiamo aspettando le risorse della Regione.
Un altro caso sono le nuove abitazioni di via Canova, o l’area delle’ex-Longinotti.
Per quanto riguarda via Canova, si tratta di 20 alloggi ad affitto calmierato (4-500 euro al mese) ecosostenibile, con risparmi energetici pari a ¼ circa rispetto alla media. In altre parole, chi vi abiterà pagherà un canone sostenibile e pagherà meno in bolletta.
L’area ex-Longinotti, che copre un’area di intervento di circa 4321 metri quadri, prevede 45 alloggi Erp con la nuova tecnologia costruttiva Xlam. La ludoteca sarà pronta a fine mese. Il legno che verrà usato per questa nuova tecnologia sarà toscano.
Filiera corta, dunque, e minore impatto ambientale,
Non solo, tempi più brevi di realizzazione, maggiore efficienza energetica, con un risparmio pari a circa 1/6, 1/7 in meno rispetto alla media tradizionale. Dunque, tornando alla domanda di poco fa, I punti sono: nuove costruzioni (in parte già avviate), qualità nel costruire, recuperi dell’esistente, e controlli più stringenti.
Quanto incide nella lievitazione dei costi questa attenzione alla qualità? E per quanto riguarda i controlli?
Gestendo queste operazioni con buon senso, si può garantire un’ottima qualità all’edilizia popolare senza incorrere in costi spaventosi, come spesso si pensa comunemente. In generale, per dare un’idea, si può parlare di circa 100 euro in più al metro quadro, ampiamente ripagato dal risparmio di energia e dalla sostenibilità dell’edificio. Senza considerare il risparmio in bolletta della famiglia che andrà a vivere in questi alloggi.
Sul capitolo controlli, aggiungo che è necessario procedere a un attento riesame della reale condizione delle famiglie che abitano in alloggi popolari. Le posso solo dire che abbiamo riscontrato delle situazioni in cui chi usufruiva di questo particolare tipo di alloggio era ben al disopra della soglia richiesta per rientrare nei bandi. E non si trattava di famiglie operaie arricchitesi in seguito.
Sta di fatto, assessore, che la situazione che si profila per fine settembre sia ad alto rischio sociale. Addirittura qualcuno teme che si possa arrivare all’inquietante soglia del “case zero”, o meglio, poche case capaci solo di tamponare le emergenze. Che ne pensa?
Che l’emergenza c’è, eccome. Da parte mia non farò certo finta di niente, il problema esiste . Per quanto ci riguarda, abbiamo cercato di utilizzare tutti i mezzi possibili, consentendo anche agli assegnatari di anticipare parte della somma necessaria alla ristrutturazione a scomputo del canone. Per fare di più, occorre modificare la legge regionale togliendo tutto ciò che non è più al passo coi tempi, ad esempio introducendo l’Iso per la misurazione del reddito, che ancora oggi viene fatta non tenendo conto dei beni mobili. Inoltre, è necessario rivedere, a livello nazionale, leggi disincentivanti del canale concordato come la cedolare secca. I Comuni, rispetto al tema dell’abitare sociale, si trovano in territorio di frontiera: mancano le risorse e la legislazione è statale o regionale. Come presidente della Consulta Casa Anci, ho posto il problema al Forum nazionale per le politiche abitative. Dai ministri nessuna risposta. Con lo sruttamento delle risorse residue, avevamo proposto un piano che metteva a disposizione almeno 5mila alloggi a livello nazionale. Niente anche in questo caso. Il governo ha abbandonato questo tema. A Firenze abbiamo avuto un innalzamento pauroso di sfratti per morosità insieme alla velocizzazione delle esecuzioni e sul tema ho avuto un incontro col Prefetto, che, come rappresentante del governo, è stato così avvertito.
Se continuano a mancare risorse e non ci sono misure di contenimento, il rischio di non riuscire a garantire i cittadini in difficoltà esiste.