Firenze – Una tendenza? No, quasi una regola. A dirlo, sono dei “privilegiati” dell’osservazione, vale a dire i sindacalisti del Sunia. E i casi sono concreti, si tratta di persone che si sono rivolte agli uffici del sindacato. Residenti che magari hanno bisogno solo di un periodo di tempo per passare da una casa all’altra, per risolvere quei problemi in cui si può incorrere, magari solo nell’attesa di un’altra abitazione. E dunque, in mancanza di alloggi, si rivolgono al circuito degli affitti brevi turistici. alle piattaforme digitali. Ma il problema, per i fiorentini, è duplice: da un lato, la mancanza di alloggi in affitto residenziale in quanto il 70% circa del parco patrimoniale fiorentino è nei circuiti del turismo, dall’altro … il fatto di essere fiorentini. Infatti, per evitare problemi, raccontano dal Sunia, le piattaforme non esitano a “rimandare” al mittente le richieste di chi è nato e risiede in città. Insomma, non si sa mai: meglio il turista che viene da “lontano”.
“In primo luogo – dice Laura Grandi, segretaria regionale del Sunia – dai clienti che arrivano ai nostri sportelli, troviamo la conferma che c’è una irregolarità strisciante che continua a permanere nel settore degli affitti. Lo rileviamo soprattutto quando i proprietari giungono per avere la certificazione sindacale necessaria per la cedolare secca. Il ragionamento generale è: “Se devo sottostare a tutte le regole per l’affitto, meglio darlo ai turisti”. In ultima analisi, non si riesce a far capire che c’è una serie di norme da seguire per godere delle agevolazioni”. Un punto di vista diffuso che comporta tuttavia un ulteriore vizio: quello rilevato dalla stessa assessora Del Re che pochi giorni fa ha affermato che su 8mila alloggi presenti nelle piattaforme dell’affitto breve turistico, solo tremila sono registrati nell’albo obbligatorio isituito dalla Regione Toscana. Insomma un’irregolarità diffusa che si riverbera più o meno in tutti i settori abitativi, ma che emerge in modo evidente dai dati sull’affitto breve turistico.
“Il problema dell’affitto breve ai residenti in realtà potrebbe risolversi mettendo in essere un contratto turistico – dice Grandi – ma il vero nodo è che spesso non esiste neppure il contratto, stando al dato sulle registrazioni. questo conferma ciò che abbiamo sempre sostenuto, vale a dire che il mercato degli alloggi turistici degli affitti brevi continua a diffondersi con un ampio margine di irregolarità. Per chiaririe i termini della questione, non si tratta di fare una lotta alle piattaforme digitali o a un proprietario, magari con basso reddito, che vuole arrotondare mettendo sul mercato una stanza e condividendo la casa, qui si sta parlando, come più volte sottolineato, di sistemi con 8, 10 e più appartamenti da gestire sul mercato”.
Un’invasione, quella degli affitti turistici brevi e dell’allargamento oltre i limiti percentuali delle abitazioni dedicate a questo specifico segmento, che rischia di impattare fortemente su molteplici aspetti. Oltre a mettere in gioco un principio importante: la futura faccia di Firenze, ovvero, cosa sarà la città.
“Non credo che la “lotta” all’Airbnb sia una trovata, una bizzarria della sinistra – conclude Grandi – non si tratta di una battaglia contro il viaggiatore “povero”, anche perché, facendogli i conti in tasca, sebbene spenda di meno di un frequentatore di alberghi a 5 stelle, i costi di una settimana in affitto breve a Firenze per una famiglia di 4 persone è di circa 40-50 euro a persona, ovviamente con oscillazioni che riguardano la zona della città”. I dati di una delle maggiori piattaforme digitali, la californaina Aribnb, parlano di circa 153 euro al giorno, in Toscana. “Si tratta alla fine sempre di quei circa 150 euro al giorno che configurano un esborso solo per l’alloggio, di mille euro a settimana circa. Visti i livelli degli stipendi odierni, non mi sembra proprio un turismo povero”.
Sempre secondo la piattaforma californiana, l’impatto economico diretto che arriva a Firenze dagli affitti turistici attraverso Airbnb è di ben 445 milioni di euro (dato 2018). Una somma enorme, se si considera che prima di Firenze c’è solo Roma, con oltre 900 milioni di euro. Facendo le debite proporzioni, si capisce l’enormità della cifra.
Ma a chi va, tutta questa ricchezza? “In primis ai fondi immbiliari e ai proprietari “plurimi”, ovvero a chi è titolare di molti alloggi, a partire dai 5,6, 10 in su. Le briciole, a quelli che fanno davvero sharing economy, vale a dire condividono la stanza della casa in cui abitano, o affittano l’appartamentino della nonna, o le due stanze ereditate dai genitori”.
Il fenomeno gode di grande vitalità: uscito dal centro storico, si sta spalmando sul territorio metropolitano. Col risultato che anche in zone decentrate gli affitti ai residenti diventano sempre più rari e costosi. C’è da chiedersi allora, (ed è una domanda che gli amministatori dovrebbero farsi, incalza Grandi) a chi serviranno in futuro le grandi infrastrutture in opera, in primis il cmpletamento della tramvia.
Ed ecco il primo passo da parte del Sunia, che verrà lanciato all’amministrazione e in particolare al nuovo assessore alla casa Andrea Vannucci: “Aprire un tavolo con tutti gli attori principali – propone Grandi – cercando di capire tutti insieme come affrontare il problema reale”. Niente di nuovo: lo hanno fatto tutte le grandi città europee colpite dal turismo di massa, quelle che hanno inviato un appello all’Europa (condiviso anche da Firenze su “proposta” di Progetto Firenze”, affinché la commisione dedicata decida a livello europeo un programma normativo che possa “frenare” in qualche modo questa forma di turismo “piranha”. Insomma, si può fare. Ma, chiude Grandi, “bisogna farlo in fretta”.