Firenze – Un’importante novità si registra nel panorama fiorentino degli affitti immobiliari: a seguito dell’uscita, dopo 13 anni di “latitanza”, della nuova Convenzione nazionale per la definizione dei contratti a canone concordato (sottoscritta il 25 ottobre 2016, il Decreto ministeriale di recepimento è stato pubblicato sulla G.U. del 15 marzo ed è diventata operativa dal 31 marzo scorso) è stato riaperto il tavolo degli accordi territoriali. Ricordiamo che la Convenzione nazionale rappresenta un atto indispensabile per stabilire i lineamenti entro cui devono essere definiti gli accordi territoriali.
L’incontro, per quanto riguarda l’area fiorentina, avverrà il 25 maggio prossimo e vedrà la partecipazione dei Comuni metropolitani , delle associazioni dei proprietari e dei sindacati degli inquilini. Questo ultimi hanno già chiesto, per favorire il rilancio del mercato dei canoni concordati, ai Comuni di intervenire sull’abbassamento della leva fiscale, vale a dire sulla diminuzione dell’aliquota Imu. Un passo importante per la ridefinizione di uno strumento che da sempre si qualifica come uno dei pochi in grado di disciplinare il mercato dei canoni in modo da rendere conveniente per i proprietari l’applicazione di questa modalità contrattuale.
Secondo quanto spiega la segretaria fiorentina del Sunia Laura Grandi, in primo piano c’è proprio l’impegno da parte dei Comuni di dar respiro al mercato intervenendo con la leva fiscale. Del resto, come spiega Grandi, “il problema degli affitti a Firenze è molto reale. Basti pensare che i fiorentini che “escono” dalla città sono talmente tanti che stanno creando un effetto riflesso anche per i Comuni di “cintura” dove confluiscono, a livello di innalzamento dei canoni”.
Insomma, gli affitti cominciano ad “esplodere” anche a Scandicci, a Signa, a Pontassieve, ovunque sia possibile abitare senza allontanarsi troppo da Firenze. A ben vedere, precisa Grandi, sebbene qualcuno dica che i numeri delle residenze a Firenze in realtà non giustifichino l’allarme, lo “svuotamento” riguarda in buona sostanza i “fiorentini”, rimpiazzati spesso da residenti stranieri. Senza parlare del deserto che stanno provocando gli “affitti turistici”, che rendono inaccessibile alla famiglia media che non sia proprietaria di casa, il centro storico (e molte delle zone limitrofe al centro) cittadino.
“In realtà – conclude Grandi – il fenomeno degli affitti “alti” si misura anche con quello del mutamento sociale: stipendi sempre più bassi, precarietà lavorativa sempre più alta, fanno saltare le stesse prospettive di lungo termine delle famiglie, in un generale “sentiment” dove crescono disagio e paura del futuro”. Per questo è importante ristabilire delle regole credibili e “possibili” che inducano perlomeno a una “gestione” dei canoni”. Insomma se i proprietari vogliono avere la possibilità di diminuire il peso fiscale (di cui tutti si lamentano) hanno una strada aperta, mentre la ricaduta per gli inquilini è nella “ragionevolezza” dei canoni stessi. Ovviamente il meccanismo, per funzionare, deve conoscere dei monitoraggi che con carattere di continuità tengano il polso della situazione.