Firenze – Sembrano oro. Si parla delle olive, in particolare quelle italiane, preziosissime quelle toscane, protagoniste di una delle eccellenze più conosciute al di fuori del Bel Paese, quasi identificativo insieme al vino dell’Italia. E della Toscana. Eppure, con l’avverarsi di una annata maledetta per la produzione, le olive diventano prede ambite. Tant’è vero che ruberie e saccheggi si contano numerosi nell’intero territorio nazionale dove la produzione è più pregiata e conosciuta. Non solo: l’allarme che viene lanciato dal terzo Rapporto Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità riguarda anche la vera e propria “borsa nera” del commercio clandestino dell’extravergine, avvisando anche che rubare olive o commerciare in modo criminale il prezioso “oro verde” non sono che punte dell’iceberg sottostante.
Partiamo dai numeri: nel 2015, troveremo in circolazione il 35% in meno di olio di oliva italiano, il 25% in meno di agrumi, il 15% di vino fino al 50% in meno di miele italiani. Castagne, neanche a prlarne, fra andamento climatico e parassiti siamo al minimo storico. E nella nostra regione ci sono intere economie tradizionali (Mugello tanto per fare un nome conosciuto si più) che si reggono sul preziose frutto del bosco.
Il rimedio è spesso peggiore del male. Infatti, il rischio cresce in particolare sui prodotti low cost, che spesso nascondono non solo ricette modificate e prodotti adulterati, ma vere e proprie truffe, come l’escalation di sequestri dimostra. Di fatto, per quanto riguarda l’olio, alle importazioni di olive e soprattutto di olio, già altissime anche prima dell’annus horribilis 2014, si aggiunge la carestia ben nota, col risultato che molto spesso gli italiani si vedranno mettere in tavola oli del tutto non italiani.
Se andiamo ad esaminare i dati emersi dal Rapporto, la quota di importazioni di olio proveniente da paesi come Spagna, Turchia e Grecia era già almeno all’80%, anche prima della crisi dei raccolti. Ma altri soggetti entrano con prepotenza nel mercato europeo dell’olio d’oliva (consumi stimati: circa 1,85 milioni di tonnellate) e sono per la precisione i produttori del Nord Africa e del Medio Oriente, che sollevano dubbi, almeno stando a quanto dice Coldiretti, circa il mantenimento dei requisiti qualitativi e di sicurezza. L’allarme che riguarda soprattutto l’Italia, che è il principale importatore mondiale di olio per un quantitativo pari a 460mila tonnellate. Insomma, il calo della produzione espone a un incremento delle frodi lungo tutta la filiera dell’olio.
Interessante anche il meccanismo delle frodi, che è stato spiegato partendo da una recente indagine condotta dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari e coordinata dalla Procura di Trani, “Olio di carta”. Le indagini coordinate dalla Procura di Trani con la collaborazione della Guardia di Finanza, hanno fatto emergere un sistema complesso di frode agroalimentare in Puglia e Calabria, che si estendeva in regioni “non sospette” come Toscana e Liguria: un giro di false fatture per oltre 10 milioni di euro relativo al commercio di più di 500mila litri di extravergine, per un valore commerciale complessivo di 3 milioni.
E la “guerra dell’olio” non si combatte solo fra i paesi europei: i controlli degli Uffici dell’Agenzia sulle aziende attive nel commercio internazionale di prodotti agroalimentari, hanno rilevato, per quanto riguarda i flussi esteri di olio di oliva, che la Tunisia nel 2013 si è confermata il principale fornitore extracomunitario di “olio d’oliva”, con prezzi che oscillano fra i 2,50 e i 3 euro al chilo. Ma il quantitativo di olio esportato è calato, passando dalle 76mila tonnellate del 2012 alle 62mila del 2013. Ed ecco l’avvicendamento in atto: la quota liberata nel 2013 appare coperta dalla Turchia, che incrementa il proprio export di olio con quote attestate su “valori medi” sensibilmente inferiori rispetto al Paese nordafricano.