-> Intervista di Benedetta Gentile per www.stamptoscana.it
Parigi – L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione provoca conseguenze economiche (recessione e spread più elevati) e politiche (altri paesi potrebbero andarsene). La condizione per gestire questa crisi e uscirne rafforzati è cambiare il modo di governare l’Europa, pauroso e rinunciatario che finora ha provocato solo disastri e opposizione. In sintesi, questa la valutazione sulle conseguenze del Brexit che l’economista Jean-Paul Fitoussi, docente di economia all’Istituto di studi politici a Parigi e alla Luiss di Roma, traccia in questa intervista esclusiva a Stamp Toscana. Sull’Italia Fitoussi esprime un giudizio positivo ma, attenzione, il passaggio referendario di ottobre “è un’arma pericolosa”.
Quali potranno essere le conseguenze del Brexit?
E’ molto difficile valutarne. Dipenderà dalle politiche che prenderanno sia l’Ue che il Regno Unito. Non sono cose semplici da valutare. Con il Regno Unito che dovrà negoziare l’insieme delle regole del mercato comune e del commercio estero, l ‘Ue che cercherà di approfittare della debolezza del centro finanziario di Londra cercando di rafforzare altre piazze in Europa. E del resto non sarebbe male rendere più forti piazze come Parigi, Milano e Francoforte e implementare il peso del commercio dei servizi finanziari.
Sul piano politico, quali sono le incertezze maggiori?
Il rischio che altri paesi decidano di lasciare l’Ue a meno che non si adotti un atteggiamento più razionale, e cioè che vi sia una scelta netta e che o una esca o uno rimanga impedendo che il ricatto si generalizzi. Il modo in cui verrà gestito il dopo Brexit peserà sulla credibilità dell’Ue.
E sul piano economico?
La Gran Bretagna subirà una recessione. Il problema è di sapere se sarà lunga ma comunque non sarà debole ma relativamente importante. In ogni modo ci sarà una recessione della crescita. Anche l’Ue potrà conoscere una recessione importante se i flussi dei capitali che iniziano a muoversi da un paese all’altro fanno rinascere la crisi dei debiti sovrani. Dove andranno parte delle sterline? Siccome il tasso di cambio delle sterline scende andranno da qualche parte. Vanno in Germania, negli Stati Uniti…
O conosceremo di nuovo un problema di spread tra i paesi considerati non a rischio e quelli a rischio, tra cui anche l’Italia, perché in realtà, in una crisi di questo tipo, i capitali cercano i collocamenti meno rischiosi. E il fatto che cerchino i collocamenti meno rischiosi può creare dei problemi all’Europa. Certo non si dirigeranno né in Grecia né in Portogallo. Ciò significa che gli spread all’interno dell’Europa aumenteranno.
Con quali conseguenze?
Una crisi generalizzata dell’Europa è possibile. La fine dell’Europa è possibile se non riesce a gestire la crisi che potenzialmente si annuncia. Dal momento che si è già mostrata incapace di gestire la crisi precedente, l’Europa non avrà alcuna attrattiva per i paesi che ne sono membri. Perché restare in Europa che ha la crescita più debole e la disoccupazione più alta, le politiche più rigorose, gli attacchi alla protezione sociale e alla sicurezza del lavoro. L’Europa continuerebbe ad essere mal governata. Si può cambiare il governo dell’Europa da un giorno all’altro? No. Ci vorrà tempo. Ma lo si vuole cambiare? Non lo so. Si vuole fare dell’Europa una federazione? Lo vedremo…
Nell’insieme Brexit crea l’incertezza e allo stesso tempo è il sintomo del male europeo. Ciò che sembra paradossale è che l’Inghilterra è il paese che non ha perso la sua sovranità. Ha conservato la sua sovranità monetaria, la sua sovranità del cambio e quella budgettaria, non ha aderito a Schengen, all’euro, dunque non ha nessuno degli inconvenienti dei paesi della zona euro. Ed è Londra che se ne va. Non è la Grecia che avrebbe avuto molti più motivi dell’Inghilterra di andarsene. Significa che, vista dall’esterno, l’Europa appare come una zona un po’ sinistrata perché è molto mal governata.
Ma mi sembra che non è da ieri che è mal governata…
Finché non arriva uno choc che sia mal governata non importa a nessuno. Non se ne avvertono le conseguenze. Ma quando ci sono da prendere delle decisioni, allora è diverso. L’Europa andava molto meglio prima della crisi, prima della recessione.
Ma, mi ricordo, lei era molto critico dell’Europa anche prima della recessione…
Sì, perché faceva molto peggio di quanto avrebbe potuto fare. Sono sempre stato critico perché ho sempre pensato che la sua costituzione non teneva la strada perché paralizzava la decisione, perché è una regione dove è impossibile decidere e che per di più è antidemocratica. Per quello che riguarda la zona euro le popolazioni non hanno alcun potere. Hanno il potere di cambiare i governi ma non le politiche. Il caso più evidente è quello di Tsipras che non ha potuto cambiare la politica e ha dovuto continuare con quella dei suoi predecessori. E’ la stessa cosa ovunque. Si vede più o meno ma è sempre la stessa cosa. Dunque l’Europa non era sostenibile ed è quello che criticavo maggiormente nella sua costituzione e poiché aveva una crescita più debole di quella che avrebbe potuto avere aveva anche un tasso di disoccupazione più alto. Era già caratterizzata negli anni ’’80 e 90 da un tasso di disoccupazione più alto.
Ma lei pensa che l’Ue disponga di una classe di dirigenti in grado di gestire questa nuova crisi? Se si deve giudicare da come è stato gestito il dossier dell’immigrazione in cui l’Ue è apparsa inesistente…
E’ stata più che inesistente, è stata vergognosa. Come immaginare che l’Europa che non ha saputo gestire la crisi dell’immigrazione, che era comunque semplice da gestire, possa gestire dei problemi più complessi della società e dell’economia. Dunque l’Europa si è dimostrata nulle nella gestione delle cose più semplici, non solo inesistente ma anche assolutamente non coraggiosa, tanto paurosa al punto di affidare alla Turchia il compito di difendere le sue frontiere. L’Europa ha assunto un mercenario…
Insomma se non è riuscita prima quando era più semplice, bisogna ora sperare in un miracolo?
Forse non un miracolo ma un soprassalto. Si è pensato che ci sarebbe stato un soprassalto al momento della crisi dei debiti sovrani, si è pensato che ci sarebbe stato un soprassalto al momento della seconda recessione europea, ma non c’è stato nulla. Si è pensato che qualcosa si sarebbe mosso dopo le elezioni europee che sono state catastrofiche per i partiti al governo, tre anni fa. Ma anche in questo caso nulla! Il segnale lanciato con le elezioni europee non ha fatto spostare di un millimetro la politica. Come ci si fa ad aspettare che il segnale lanciato da Brexit faccia minimamente smuovere la politica europea.
Perché ogni tanto sarebbe bene svegliarsi…
Hanno preso dei sonniferi e dormono tutti e in realtà la loro unica scusa è che, stando alle regole europee attuali, i governi non hanno alcun potere. Non sono i presidenti o i primi ministri, sono dei governatori di provincia.
Ma ci sono segnali di cambiamento…
Sì, c’è stato un segnale, come quello lanciato con la richiesta di eurobond. Ma quando ci si riflette, è chiaro che se si vuole arrivare agli eurobond ci vuole un potere budgettario, il che vuol dire fare una federazione. Ma nessun paese è pronto.
E la Germania, ha una responsabilità in questa situazione?
La Germania ha pensato solo a se stessa. La Germania ha tratto un considerevole profitto dall’euro perché ha aumentato la sua competitività, perché l’euro ha impedito la svalutazione delle altre monete, come avveniva prima.
Come vede l’Italia?
L’Italia la vedo molto meglio di prima. Ma ha un’ipoteca che è la prossima riforma costituzionale. E dunque il governo Renzi, che personalmente spero duri, non è al sicuro. Credo che il referendum sia un’arma più che pericolosa.