Caporetto, ferita storica e nuove verità

Firenze – La bibliografia su Caporetto è vastissima. Eppure il recente libro di Alessandro Barbero (che si intitola appunto Caporetto) riesce a mettere a punto numerosi aspetti ancora controversi della complessa vicenda e offre nuove chiavi interpretative .

Tra queste, ad esempio, la smentita del luogo comune che il fattore principale di una sconfitta di così vaste proporzioni sia stato l’effetto sorpresa . Il Prof. Barbero , ordinario nell’Università degli studi del Piemonte Orientale(e autore di numerosi saggi di successo su temi di storia medievale e moderna) sottolinea, invece, che gli alti comandi avevano avuto molte informazioni sul luogo e sulla data dell’ attacco che furono però sottovalutate.

Un’approfondita analisi riguarda anche l’apporto determinante dei contingenti tedeschi, mostra come l’offensiva sia stata meticolosamente preparata , quali tattiche furono adottate (inedite per il fronte dell’Isonzo) e come si svolse l’azione che determinò lo sfondamento. Ciò consente ad Alessandro Barbero di sfatare anche un altro luogo comune: che molti reparti si fossero arresi ala prima occasione per vigliaccheria. In effetti, accadde che interi battaglioni si arresero alle truppe d’assalto austro-tedesche ma ciò avvenne perché la tattica d’infiltrazione isolò dai rispettivi comandi alcuni contingenti che furono presi alle spalle.

E analizza dettagliatamente anche la reazione dell’artiglieria italiana, uno dei punti più controversi della storiografia su Caporetto.

Nuovi elementi di valutazione vengono portati anche per quanto riguarda i prigionieri e la disastrosa ritirata che coinvolse circa un milione di persone ma anche sugli elementi che resero possibile reagire a questa sconfitta.

La narrazione si avvale spesso di testimonianze tratte da diari e memoriali di militari di entrambi gli schieramenti e, in questo modo, diviene particolarmente viva, suscita emozioni e fa capire quali sensazioni furono provate in quelle circostanze cruciali che per il nostro esercito divennero sempre più drammatiche.

Abbiamo cercato, intervistando con questa intervista al Prof. Barbero di sottolineare alcuni passaggi significativi del suo fondamentale saggio

 D: Si dice, di solito, che il fattore sorpresa fu determinante a Caporetto. Fu davvero così?

R: Neanche un po’. I nostri comandi erano dettagliatamente informati di quel che si preparava. Le intercettazioni telefoniche avevano rivelato la preparazione dell’offensiva nemica fin da settembre, e negli ultimi giorni ufficiali disertori avevano comunicato addirittura orari e modalità del bombardamento iniziale, nonché gli obiettivi dell’attacco. Ma se non fu una sorpresa, l’offensiva fu certamente sottovalutata dai nostri comandi, troppo sicuri di sé e della forza delle posizioni difensive, e ignari della stanchezza e demoralizzazione prevalenti fra le nostre truppe.

D: Perché fu così determinante l’apporto dei tedeschi?

R: Perché i tedeschi facevano la guerra in modo radicalmente innovativo. L’esercito italiano e quello austriaco si equivalevano; quello tedesco apparteneva a un’altra categoria. Sono le tattiche impiegate dai tedeschi che fanno saltare fin dal primo giorno il dispositivo italiano, mettendo a nudo l’arretratezza del nostro addestramento.

D:  Caporetto fu uno shock salutare? …. Ma pagato a caro prezzo……

R: Indubbiamente Caporetto accelera la modernizzazione del nostro esercito, l’acquisizione di nuove tattiche, una nuova attenzione al morale della truppa. Tutte innovazioni che erano già nell’aria in precedenza, ma che i nostri comandi erano stati troppo lenti a interiorizzare. Certo il prezzo fu altissimo: quasi 300.000 prigionieri, oltre mezzo milione di profughi, un pezzo d’Italia sottoposto per un anno a una spietata occupazione militare.

 D: Cosa sarebbe acceduto in Italia se gli austri tedeschi avessero sfondato anche la linea del Piave ?

R: E’ difficile dirlo. Io credo che l’Italia avrebbe continuato a combattere, perché era alleata delle potenze che stavano vincendo la guerra, e quelle potenze, che dominavano i mari, non ci avrebbero permesso di crollare completamente. Una linea difensiva sarebbe stata stabilita al Mincio; forse, nel caso peggiore, al Po…

 D: Anche la prima guerra mondiale avrebbe avuto un diverso esito?

R: No, la guerra italiana era decisamente insignificante nel quadro europeo, anche il crollo completo dell’Italia non avrebbe cambiato il risultato finale.

D: Come poté l’esercito italiano dopo una tale disfatta riorganizzarsi in così breve tempo ?

R: Be’, ogni esercito, se la guerra continua, è in grado di riorganizzarsi e riprendere la lotta, questo è nella natura stessa degli eserciti. Solo la resa senza condizioni o la rivoluzione possono mettere fine alla capacità dell’organismo-esercito di ricrescere e riprendere a funzionare, finché è sostenuto da un governo, una burocrazia e una popolazione consenziente.

 D: Vittorio Veneto fu una vittoria importante per l’esito della guerra o ci sarebbe stata comunque una disgregazione dell’Impero d’ Austria-Ungheria ?

R: Vittorio Veneto è stata una vittoria del tutto scontata contro un esercito già in piena disgregazione e un impero che aveva già finito di esistere. La guerra in pratica era già finita quando il governo italiano, nel terrore di ritrovarsi alla firma dell’armistizio con un pezzo d’Italia ancora occupata dal nemico, ordinò all’esercito di muoversi a qualunque costo

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