Firenze – Gaetano Berenstadt fu per l’epoca una vera star musicale. E come voleva la regola dell’epoca, a farne il ritratto fu Giovacchino Fortini (1670-1736), personalità tra le più carismatiche della scultura fiorentina in età tardo- barocca, tra gli artisti prediletti dal granduca Cosimo III de’ Medici e ampiamente apprezzato anche all’estero. Il busto del celebre cantante fiorentino scolpito dal celebre artista nato a Settignano è stato donato al museo dall’antiquario Giovanni Pratesi e diverrà parte integrante della prestigiosa collezione di sculture della Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti.
Gaetano Berenstadt fu una personalità di spicco nel panorama musicale europeo del primo Settecento. Figlio di tedeschi trasferiti a Firenze, dove nacque nel 1687, Gaetano Berenstadt era un eunuco con la voce di contralto, collaboratore di Georg Friedrich Händel per cui interpretò varie opere. Accanto a una brillante carriera come cantante nelle corti europee, Berenstadt si distinse anche nell’ambito del commercio di opere d’arte (soprattutto sculture di Massimiliano Soldani Benzi, Giuseppe Broccetti e dello stesso Giovacchino Fortini). L’identificazione del personaggio ritratto nel busto è dovuto proprio a Giovanni Pratesi, grazie a un minuzioso confronto della scultura con una medaglia dell’artista Lorenzo Maria Weber, anch’essa raffigurante il cantante fiorentino. L’attribuzione della statua a Giovacchino Fortini, spesso ricordato nei documenti come buon amico di Berenstadt, invece, è avvenuta solo nel 2008, grazie agli studi dello storico dell’arte Sandro Bellesi. Alla base dell’assegnazione, il confronto con opere certe o attribuite all’artista più o meno coeve e con il ritratto, sempre di Fortini, di Lodovico Fantoni, ospitato nella Badia Fiorentina e capolavoro assoluto dello scultore.
All’inaugurazione del busto, avvenuta nella Sala Bianca di Palazzo Pitti è intervenuto il presidente dell’Aici Valdo Spini, che, parlando di Berenstadt, ricorda che fu il cantante prediletto di Händel. Tutto ciò era dovuto principalmente alla sua grandissima capacità interpretativa, dal momento che, pare, non avesse una voce straordinaria e fosse piuttosto goffo di figura. Händel lo apprezzava così tanto che la parte di Tolomeo, il “cattivo” del Giulio Cesare in Egitto, fu scritta per lui. Ritiratosi dalle scene, aprì una libreria antiquaria in piazza Santa Croce e fu il curatore della prima edizione della Vita del Cellini, nascosto sotto lo pseudonimo di Sebastiano Atropolita.
Il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt: “Con questo dono generoso, che verrà esposto a Palazzo Pitti, Giovanni Pratesi continua ad essere presente nella cultura e nell’arte fiorentina di cui, con sagacia e spirito pionieristico, ha coltivato ambiti – penso alla pittura e scultura barocche – ora noti al grande pubblico grazie anche alle sue scoperte e ai molti libri e repertori di cui è stato ispiratore e mecenate. La sua galleria, frequentata da giovani e da studiosi di tutto il mondo, continuerà così a vivere nell’Oltrarno con un’opera che si incardina mirabilmente nella storia della città e che rappresenta il gusto sofisticato del suo donatore”.
L’antiquario Giovanni Pratesi: “Questo dono per me ha il significato di un omaggio alla città e alla sua storia, ma è anche una ‘restituzione’: il busto di Gaetano Berenstadt è infatti nato per essere un’opera pubblica. La vita professionale di questo cantante castrato era strettamente legata alla famiglia Medici (suo padre era timpanista del Granduca) e quindi a Palazzo Pitti, dove tutti potranno vederlo. Per lasciare un ricordo di me e della mia attività ho scelto il ritratto di Berenstadt, personaggio ai suoi tempi famosissimo e attivo sulla scena internazionale, ma ora poco noto: mi sembra che rifletta bene i miei
interessi, da sempre volti alla riscoperta di periodi trascurati e di aree poco studiate, eppure ricchissimi di opere d’arte sublimi. Mi piace sottolineare che il busto di marmo proviene dal mercato internazionale: anche questa è una dimostrazione dell’attività degli antiquari italiani, che di continuo riportano in Italia opere a suo tempo esportate”.