Canta che ti passa (e ti protegge dall’Alzheimer)

Parigi – Il canto come terapia anti Alzheimer. Lo consigliano diversi studi sui suoi effetti benefici per combattere le malattie che distruggono la memoria associativa e temporale. Intonare una canzone, intonati o stonati che si sia, permetterebbe infatti di  stimolare efficacemente quelle aree del cervello essenziali per la memoria, scrive Le Figaro.

Da tempo si sapeva che cantare attiva la secrezione di sostanze come la dopamina o le endorfine che aumentano la sensazione di benessere e riducono lo stress. Un risultato confermato ora anche da uno studio dell’Imperial College di Londra che ha constatato che gli ormoni dello stress di 200 coristi dopo un’ora di canto erano in caduta libera.

Cantare in coro poi, secondo un ricercatore dell’università di Oxford, è quanto di meglio si possa fare perché facilita i rapporti sociali e l’integrazione, due fattori che possono contribuire al benessere. Una cura particolarmente consigliata ai senior, spesso isolati e vittime di malattie neurovegetative.

Musica e canto sono un ottimo antidoto all’invecchiamento del cervello perché stimolano le reti cerebrali e riescono ad agire anche quando sono toccati gli ippocampi, strutture che svolgono un ruolo primordiale nella memorizzazione. “I malati di Alzheimer incontrano crescenti difficoltà a ricordare il significato delle parole e perdono il loro vocabolario. Riescono invece a ricordare le melodie che hanno imparato  quando erano giovani”,  ha dichiarato al quotidiano parigino il neuropsicologo dell’Università di Caen Hervé Platel convinto che l’attività musicale sia utile a ogni stadio della malattia.

“Quando la malattia avanza, la musica permette di regolare le disfunzioni del comportamento e in particolare l’apatia: ogni musica che ricorda al paziente qualcosa di familiare lo  fa uscire dal torpore, comincia a canticchiare ed è di nuovo possibile comunicare con lui “. Il prof. Platel ha anche costatato che i malati gravi che sembravano aver perso le loro capacità di memorizzazione sono ancora in grado di imparare nuove canzoni in quanto la musica sembra poter risvegliare una memoria dormiente. Purtroppo però non attiva le funzioni cognitive perse.

In attesa di studi che accertino in che misura la pratica musicale possa preservare dall’invecchiamento cerebrale, altri ricercatori hanno messo in luce gli effetti benefici della musica per esempio sulle lesioni cerebrali. La musica favorisce il recupero del linguaggio nelle vittime di ictus e si rivela in uno strumento prezioso per gli afasici.

Un neurologo tedesco ha poi scoperto che la motricità di un paziente colpito da ictus o da trauma cranico viene rieducata meglio se accompagnata dall’apprendimento del pianoforte. La musica, soprattutto se ritmata, facilita poi il trattamento di rigidità muscolari e di difficoltà di equilibrio se si associa ad esempio il ritmo del tango con la danza.  Altri studi infine hanno rilevato gli effetti benefici della musica nell’apprendimento scolastico in quanto rafforzerebbe le capacità di attenzione e concentrazione.

Insomma non solo come diceva la canzone “canta che ti passa”, ma canta anche per stare e studiare meglio e rinviare sine die l’invecchiamento del tuo cervello.

 

 

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