Camillo “Languore” contro la “bibbia” Michelin

Il noto critico supercattolico ed ultracarnivoro del “Foglio” sbrana la Guida delle guide gastronomiche (l’unica in grado di decidere nel bene e nel male le sorti di un ristorante), la Michelin fresca di stampa, con un editoriale edibilmente scorretto ma dalle tante e colorite suggestioni

Ma quanto brillano le stelle Michelin? Riflessioni sulla celebre Guida a partire da un editoriale di Camillo Langone.

Si fa presto a dire:”cari chef, fregatevene delle Guide!”. L’Abocar di Rimini, ristorante-bistrot italo-argentino, che non ama definirsi così, ma social manager e addetti stampa vari perdoneranno il vostro umile cronista, ha ricevuto oltre 1.100 like al post con il quale ieri ha commentato su Facebook l’inaspettata assegnazione della stella Michelin. Prima, in media, i post del ristorante ottenevano una cinquantina di “mi piace”.

Di sicuro, tra gli estimatori della guida francese non si può annoverare Camillo Langone. Lo scrittore emiliano, noto gourmand, stronca oggi la Guida Michelin in un divertente editoriale sul “Foglio” che per vis polemica e corrosività fa impallidire i pezzi più feroci di Valerio M. Visintin, il celebre Critico Mascherato del “Corriere della Sera”. Gli strali di Langone sono indirizzati alla guida dell’Omino di Gomma, ma probabilmente potrebbero essere destinati a tutto il sistema dello chef-star system, a quel grande circo Barbum mediatico, che include anche kermesse come Identità Golose, programmi tv alla Masterchef e classifiche come la 50 Best San Pellegrino Awards, che di fatto ha trasformato gli chef più acclamati in autentiche rock-star. “Evito di frequentare cuochi stellati perché li trovo saccenti ed esigenti, presuntuosi e arroganti, sfigurati dall’ansia di prestazione”, scrive Langone: e questo è solo l’antipasto.

“Fare il cuoco gommato è uno stress indicibile, e a me passa l’appetito pensando all’ansia che gocciola in cucina, alle torme di cuochi e aiuto-cuochi tatuati come nelle antiche galere”, prosegue imperterrito lo scrittore emiliano. Poi Langone affonda il colpo, la sua critica diventa concettuale. “Molti stellati modernissimi sono rimasti artisticamente agli anni Quaranta, al dripping di Jackson Pollock, e filosoficamente alla decostruzione di Jacques Derrida”, e qui ogni riferimento ad “Ops! Mi è caduta la crostata di limone” di Sua Maestà Massimo Bottura non pare del tutto casuale.

Nel merito delle nuove stelle della Guida Michelin, presentata ieri a Parma, “città – secondo Langone – dalla ristorazione inesistente e supponente”, i giudizi non sono meno severi. Si va dal Confusion Lounge di Porto Cervo che “ferisce l’orgoglio sardo promuovendo ‘champagne di grandi maison'” (l’elogio dei vini autoctoni italiani è un leitmotiv delle recensioni di Langone), allo chef del “Restaurant Sapio (o Sapìo) di Catania, che si vanta delle ‘innumerevoli esperienze al Nord Italia’, come se al Sud non si potesse imparare a cucinare”, fino al Danilo Ciavattini di Viterbo “che porta in tavola una irresponsabile ‘zuppa inglese scomposta’. E al “Qafiz di Santa Cristina Aspromonte, con quel suo minaccioso nome libico”, suggerisce l’autore di “Pensieri del Lambrusco”, “ci andasse a mangiare il sindaco di Riace”.

Il resto e il finale di questo editoriale politicamente molto scorretto e assai sopra le righe, ma assolutamente da leggere, li lasciamo alla curiosità di chi vorrà correre in edicola a comprare il giornale

(C.B.)

 

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