Firenze – Si è aperto il mercato cosiddetto “di riparazione”. La nostra Viola deve urgentemente approfittarsene, e non soltanto per riparare alla dolorosa defezione di Bove. Avevo scritto all’inizio del campionato di qualche mia perplessità sulla campagna acquisti, mentre esprimevo il mio assoluto compiacimento per la sostituzione di Italiano (che non mi è mai stato congeniale) con Palladino.
A fine girone d’andata e in vista di auspicati interventi sul mercato, riconsidero quelle che erano le mie opinioni di allora, soprattutto alla luce di uno strano comportamento da parte dei tifosi (“strano” per chi non conosce i fiorentini!), che è passato da un entusiastico consenso generale per la squadra a un mugugnoso dissenso che riguarda oggi soprattutto l’allenatore. Palladino, per esempio, sarebbe reo di incoerenza e di “follia” per aver affrontato il Napoli con una formazione stravolta e autolesionista in certe scelte di singoli. Tra le incoerenze ci sarebbe quella di essere tornato a una difesa a tre quando funzionava eccome la difesa a quattro, e tra le “follie” ci sarebbero le preferenze accordate all’inizio a Parisi per Gosens e a Moreno per Pongracic (o per Cataldi, visto che è stata soprattutto la difesa a tre sub judice).
Premetto che io parto sempre dal presupposto che i tifosi, e mi ci metto anch’io, ne sappiano molto meno, e ne sappiano “diversamente” da un tecnico; ne sappiano cioè più o meno come i giornalisti sportivi, quelli che condividono il linguaggio del tifo, che si eccitano e si deprimono per un’azione, per un gol o per un risultato (sempre con i tifosi come interlocutori), ma che generalmente ignorano quello di cui si dovrebbe tener sempre conto: progetto della società, scrupoli (spesso prudenziali) e convinzioni tattiche dell’allenatore, che oltre alla singola partita ha in mente un’idea di squadra e di gioco ideali (sia pure di una idealità che non ignori la pratica, che tenga conto delle contingenze e dei momenti, nonché dello stato fisico e morale dei giocatori).
Qui mi sforzerò di essere poco tifoso e di ricostruire quello che sta succedendo alla Fiorentina il più obiettivamente possibile, cercando soprattutto di interpretare l’operato di Palladino. Contro il Napoli, orfano di Cvara e di Politano, ma squadra molto leggibile (come sempre le squadre di Conte) anche con Neres e Spinazzola a loro posto, Palladino ha scelto di tarare il suo gioco sulle criticità e sui valori dell’avversario. Lo ha fatto con la consapevolezza che un centrocampo a tre contro il miglior centrocampo a tre del campionato (accanto a quello dell’Inter) non avrebbe potuto reggere il confronto (la precedente prestazione contro la Juve, che ha imperversato per 90 minuti coi Thuram, i Locatelli e i Koopmeiners, gli ha fatto da lezione).
Ha poi considerato la pericolosità dell’attacco del Napoli, in questo senso: Lukaku, con di fronte Comuzzo e Ranieri centrali, sarebbe arretrato e avrebbe giocato all’altezza dei centrocampisti smistando palle di prima, come sempre fa, per gli inserimenti dei centrocampisti e portando fuori dall’area Comuzzo. In area sarebbe rimasto Ranieri, che però avrebbe avuto il compito quasi obbligatorio di aiutare Parisi a raddoppiare su Neres a sinistra (e Palladino non aveva pensato male, giacché Neres partendo da metà campo ha saltato in velocità tre uomini e ha infilato nel sette uno dei gol più difficili da concepire balisticamente! Figuriamoci se c’era solo Parisi a marcarlo!).
E così la scelta iniziale di Palladino, per nulla folle, è stata quella di aggiungere un elemento in difesa togliendolo al centrocampo. In pratica facendo un 3-4-3 di scuola gasperiniana come lui, tra l’altro, preferisce e sa far giocare. Vorrei anche far notare una cosa, che nessuno ha evidenziato nelle discussioni post-partita: che la Fiorentina è terza nel campionato per verticalizzazioni dal basso a saltare il centrocampo (ovviamente la prima è l’Atalanta). E che dunque anche quando ha la difesa a quattro tende a non far manovrare l’azione dal centrocampo. Con il senno di poi si può dire ciò che si vuole, ma a me, facendo una sorta di “prognosi postuma”, l’idea di Palladino mi è sembrata addirittura geniale, tenendo conto che un allenatore intelligente e capace sa anche chi ha davanti (nel caso di Conte, un tecnico scolastico e molto rigido negli schemi, che tra l’altro per un quarto d’ora almeno ha sofferto la sfida dell’avversario).
Ma allora veniamo al dunque. Se non è “colpa” di Palladino, se di colpa si deve parlare, con chi ce la prendiamo? Andiamo un attimo online su Transfermarkt e vediamo il valore di mercato dei componenti delle squadre di serie A. Già in partenza, in un campionato, c’è una significativa classifica, raramente alla fine smentita dai fatti, che ovviamente mette in testa le cinque squadre, le solite note più l’Atalanta, che hanno un patrimonio di calciatori che si aggira dai 400 ai 600 milioni (il valore di ognuno è quello che è messo a bilancio).
Oggi questa classifica dice che la rosa della Fiorentina vale 279,30 milioni (ai quali si devono sottrarre, purtroppo, i 14 stimati per Bove e ora anche i 10 di Quarta), e che pressappoco altre squadre (le solite dello scorso anno) valgono la nostra: Bologna (277,69), Lazio (272,30), Roma (287,50). E andiamo poi a vedere giocatore per giocatore chi contribuisce all’ammontare del valore collettivo. I massimi “contribuenti” della Fiorentina sono: Kean (30 milioni), Gudmunsson (28), Dodò (22), Beltran (18), Kayode (18) e Colpani (16). Quarta, come ho detto, vale 10 a bilancio (e pare che lo si sia venduto a 6,5 più bonus). È anche curioso andare a vedere quanto valevano i giocatori negli anni precedenti. Per tutti quelli gestiti da Italiano, tranne che per Kayode, il valore è via via scemato (ricordiamoci, per esempio, che per Milenkovic tra anni fa erano stati offerti 40 milioni e che il giocatore l’anno scorso è stato venduto a 15 circa, a meno di quanto è stato speso per comprare Pongracic, e che oggi il suo valore nel Nottingham Forest è ricresciuto a 30 milioni).
Queste operazioni di verifica sono noiose e sembrano inutili o anche offensive a chi si crede un abile osservatore a colpo d’occhio, che apprezza e disprezza un allenatore più per i risultati che non per il gioco che fa esprimere alla squadra o per la valorizzazione del parco giocatori. Ma basta riflettere sui valori (oggettivi) che vi ho elencato per capire le ragioni vere della “crisi” (?) che sta attraversando la viola oggi. A parte i 30 milioni di Kean e, a stento (dopo la prova contro il Napoli) i 22 di Dodò, nessun altro vale davvero la cifra messa in bilancio. E allora andate a vedere anche il valore complessivo del Toro (164,50, ma ora in aumento) e valutate se la nostra squadra può lottare per la Champions oppure se si dovrà guardare le spalle per una riconferma intorno al decimo posto. E ringraziamo Palladino se, con la sua duttilità e le sue conoscenze (certo, non infallibili), ci fa sembrare più forti di quello che siamo.
In foto particolare dello Stadio Artemio Franchi