È la Spagna un Paese democratico? (In)giustizia e repressione. In questo momento continuano ad essere in prigione preventiva accusati di sedizione e ribellione violenta i rappresentanti di associazioni civili Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, e i rappresentanti politici eletti al Parlamento Catalano: Oriol Junqueras, Joaquim Forn, Carme Forcadell, Dolors Bassa, Jordi Turull, Josep Rull e Raül Romeva. Si trovano in carcere nella Comunidad de Madrid, a piú di 600 km da casa, alcuni di loro da più di sei mesi. Intanto Carles Puigdemont, Toni Comín, Clara Ponsatí, Meritxell Serret, Lluís Puig, Marta Rovira e Anna Gabriel sono in esilio in diversi paesi europei. Non voglio però parlare di questo, adesso. Voglio solo ricordare i loro nomi. Portare il nastro giallo per ricordarli è considerato ‘offensivo’ dal ministro di giustizia spagnolo, Rafael Català.
Vorrei toccare altri aspetti, collegati a questa situazione, della ‘giustizia’ spagnola. Negli ultimi mesi diverse persone, implicate in qualche modo nel processo catalano per l’indipendenza, si sono viste accusate e a volte incriminate per “delitti d’odio” o di terrorismo. Ogni giorno ci sono nuovi accusati.
Jordi Pessarodona, consigliere comunale di un paese della Catalunya centrale, clown di professione, per aver sostato con un naso da clown accanto a un membro della guardia civil durante la perquisizione al Dipartimento di economia il 20 settembre (alla manifestazione pacifica che è costata l’imputazione e il carcere ai due Jordi), è accusato di un delitto d’odio. In seguito lui e la sua famiglia hanno ricevuto minacce di morte (non considerate, fino ad ora, come delitti d’odio).
Il cantante di rap Hasél, è accusato di apologia del terrorismo e ingiurie contro la corona per le parole di una canzone contro l’ex re Juan Carlos I, contro la polizia spagnola e la guardia civil.
Sono accusati di terrorismo i Comitati di Difesa della Repubblica (movimento indipendentista cittadino) per avere interrotto (senza violenza) delle strade come azione di protesta. L’esposizione di fotografie intitolata “Prigionieri politici nella Spagna contemporanea”, che tra molti altri conteneva i ritratti di quattro politici catalani indipendentisti, è stata ritirata dalla fiera d’arte Arco, realizzata a Madrid, su richiesta del governo di questa comunità autonoma..
Nove giovani coinvolti in una violenta lite in un bar di Pamplona con agenti della guardia civil in borghese, nel 2015, sono adesso sotto processo per terrorismo, dopo due anni di prigione preventiva, con una richiesta di fino a 30 anni di carcere.
Dodici insegnanti della scuola secondaria El Palau di un paese della zona di Barcellona, sono accusati di un delitto d’odio per i commenti fatti in classe sulla violenza della polizia il primo di ottobre. Nella loro classe ci sono alunni figli di guardia civiles, i cui genitori dicono di essersi sentiti offesi o feriti dal dibattito della classe.
Anche un meccanico di Reus che, dopo i fatti dell’1 Ottobre, si era rifiutato di aggiustare la macchina di un guardia civil è accusato di un delitto d’odio.
Un giovane di Tenerife (Isole Canarie) è stato arrestato e accusato d’ odio e ingiurie per aver scritto sul suo muro di Facebook “Borbones a los tiburones” (ai pescecani).
Trascrivo questi casi – ce ne sono altri – perché mostrano l’attacco alla libertà di espressione, alla scuola e alla cultura. I “Delitti di incitazione all’odio”, secondo il dottor Dopico, professore di Diritto Penale, hanno come obiettivo la protezione di gruppi o minoranze vulnerabili o discriminati. L’attacco deve essere motivato da ragioni di tipo razzista o riferiti all’ideologia, alle credenze, all’identità sessuale, ecc.
Secondo questo professore, non si danno queste circostanze nei casi citati. Si sono dichiarati d’accordo numerosi altri giuristi che hanno sottolineato che la critica all’azione della polizia è legittima e forma parte del dibattito democratico. Infatti non si tratta di una critica per il fatto di essere poliziotti o spagnoli, ma per la repressione.
I delitti di incitazione all’odio e di terrorismo sono stati creati soprattutto in funzione della lotta contro ETA e vengono adesso indiscriminatamente usati per combattere l’indipendentismo catalano, che si è sempre espresso con mezzi pacifici.
Mi ricordo che da ragazzina avevo ascoltato delle canzoni con testi rivoluzionari o anarchici, senza essermi mai sentita una terrorista, senza aver sentito odio per nessuno. Per esempio, la canzone Raffaele, di Dario Baraldi: …Mamma dimmi è proprio male impiccare un generale, uno solo a testa in giú e non chiedere di piú… Oppure l’Inno a Oberdan, di cui ricordo l’inizio: Le bombe, le bombe all’Orsini il pugnale, il pugnale alla mano. A morte l’austriaco sovrano! E noi vogliamo la libertà! Per non parlare di Contessa: …Voi gente per bene che pace cercate, la pace per far quello che voi volete, ma se questo per il prezzo vogliamo la guerra, vogliamo vedervi finire sotto terra!
E la Marsigliese, o Ça ira? (les aristocrates à la lanterne…). E tanti altri canti di protesta e rivoluzionari, che forse oggi non sono tanto di moda, ma che sono almeno impressi nella memoria di tutta la sinistra italiana e non solo. In epoche recenti non c’è stata persecuzione per le parole di una canzone, che io ricordi. Per questo mi sento sconcertata e preoccupata per quello che sta succedendo nel paese in cui vivo. Intanto associazioni come la Fundación Francisco Franco esercitano liberamente l’apologia del franchismo e della dittatura. Le donazioni a questa fondazione e ad altre associazioni dell’estrema destra sono beneficiate da una deduzione fiscale. Intanto il governo di Rajoy ha lasciato senza nessuna sovvenzione la Legge della Memoria Storica. Ci si lamenta che tutto questo non è proprio di un paese democratico. Ma viene da chiedersi se la Spagna sia davvero un paese democratico.
Last but not least, la sentenza della Manada (Il Branco). Sembra che non c’entri con i fatti della politica catalana. Ma è pertinente quando parliamo della situazione della giustizia spagnola. Credo che tutti ormai conoscano la sentenza (abuso e non violazione) e in particolare le parole di uno dei giudici, che avrebbe voluto l’assoluzione degli stupratori, che dice di non vedere nei video (registrati dagli accusati, tra cui un guardia civil e un militare) altro che una “cruda e disinibita relazione sessuale tra cinque uomini e una donna” (una ragazza di 18 anni). Aggiunge che non si può dimostrare che la denunciante (immobile e con gli occhi chiusi) si trovasse in uno stato di shock che le impedisse di manifestare il suo disaccordo. La mentalità di questo giudice è lontana dal senso di rispetto e civismo propio di una società democratica.