Prato – Dal 1995 ad oggi lunga è la lista degli attentati che hanno sconvolto l’Europa: 10 atti terroristici di cui 8 di matrice islamica, 4 in Francia, che hanno causato la morte di circa 500 persone, cominciati proprio nella capitale francese quando esplose alla fermata della metropolitana di Saint- Michel, il 25 gennaio di quell’anno, ordigno che provocò 8 vittime, per mano di estremisti algerini.
Una settimana fa a Bruxelles è stato colpito lo scalo internazionale Zaventem, nella hall delle partenze, poi a distanza di un’ora lo scoppio di una bomba alla fermata della metropolitana Maelbeek, nei pressi delle istituzioni Ue, entrambi rivendicati dall’Isis, prima in lingua inglese, più tardi in arabo e francese: “Promettiamo agli Stati crociati che si sono alleati contro l’Isis,giorni bui in risposta alle loro aggressioni contro di noi” e “il Paese è stato colpito perchè fa parte della coalizione internazionale contro il Califfato”.
Oggi la capitale belga sta cercando di tornare alla normalità e pur restando alto lo stato di allerta, le scuole sono state riaperte, le metropolitane e i treni viaggiano, le piazze,le strade del centro sono tornate ad affollarsi, negozi e ristoranti hanno le saracinesche aperte fino a tarda sera, tuttavia si avverte la sensazione che qualcosa nell’opinione pubblica è cambiata.
“Il 22 marzo – spiega a Stamp l’europarlamentare Nicola Caputo di passaggio da Prato – io ero in quell’aeroporto pochi minuti prima che deflagrassero le cinture esplosive dei terroristi e quelle scene di devastazione e di morte rimarranno impresse indelebili nei miei occhi: ci aspettano giorni duri e difficili, ma non dobbiamo farci assolutamente trascinare in una guerra che rappresenterebbe solo uno scontro tra civiltà.Insomma l’Europa deve saper ritrovare la forza di riprendere il suo cammino, senza chiusure,senza egoismi difendendo, con determinazione,la libertà, la democrazia,la propria cultura e la propria storia.”
“Non possiamo più solo soffermarci sulla giusta commemorazione dei morti – continua l’europarlamentare – non possiamo più solo pronunciare parole di sdegno per chi non ha avuto alcuna considerazione per la vita umana, “qui “non si tratta di rinunciare ai nostri valori ma di ridisegnare una Europa capace di navigare in uno scenario complesso come quello sotto la minaccia del terrorismo jihadista”.
Infatti secondo le ultime relazioni sarebbe molto alto il rischio di autoreclutamento di elementi giovanissimi, ovvero aspiranti mujahidin che aderiscono alla campagna promossa dall’Isis e il più delle volte ad insaputa della stessa famiglia. A questo proposito Caputo afferma che “il primo passo da compiere dovrá essere quello di costituire una vera e propria agenzia di intelligence a livello europeo, che al momento non esiste,( esiste invece INTCEN, una struttura di intelligence dell’Unione Europea) e i drammatici fatti di Bruxelles dimostrano l’evidente mancanza di collaborazione tra le intelligence e le forze di polizia europee nella lotta al terrorismo”.
“Inoltre”, dice ancora Caputo, “la minaccia non viene dalle masse di diseredati che fuggono da guerre e persecuzioni, perché i terroristi che hanno agito a Bruxelles e Parigi erano cittadini europei, ovvero uomini, donne e soprattutto giovani di tutte le estrazioni sociali, che hanno in comune un sentimento di rottura con la società e che rappresentano, questi sì, una minaccia per la sicurezza in Europa.”
La lotta al terrorismo, infatti, non può voler dire rinuncia alle nostre libertà in nome di una sicurezza, perché come abbiamo potuto constatare , gli attentatori, per la maggior parte sono persone cresciute con noi, che sono sfuggite al controllo delle loro comunità di appartenenza, per cui “sono convinto”, conclude l’europarlamentare Nicola Caputo, “che la lotta al terrorismo vada combattuta non solo con le armi convenzionali, ma allacciando dialoghi interculturali con le diverse comunità religiose, rafforzando lo scambio di informazioni e puntando a colpire anche il riciclaggio di denaro che finanzia le reti criminali e terroristiche.”
Foto: Nicola Caputo durante un intervento