Firenze – Benedette quelle tempeste e quei naufragi che hanno conservato alcune delle meraviglie dell’arte della scultura in bronzo. Il mare non ci ha ridato solo i bronzi di Riace, capolavori dell’arte greca classica, ma anche tante altre opere più o meno integre dei secoli che videro il grande progetto imperiale di Alessandro Magno. Siamo in un periodo di grandi contaminazioni creative fra l’occidente greco e l’oriente mesopotamico e persiano, un territorio esteso fino all’Indo che fece da limite alla forza espansiva del Macedone. Secoli di sperimentazione artistica nuova, dopo la stagione classica periclea, che la mostra “Potere e Pathos, bronzi del mondo ellenistico”, aperta al pubblico da ieri 14 marzo a Palazzo Strozzi, documenta con 50 fra le migliori opere in bronzo conservate nei grandi musei del mondo: dagli Archeologici di Firenze, Napoli, Atene, Salonicco, Creta, al British Museum, il Prado, gli Uffizi, il Metropolitan di New York, il Louvre, il Kunsthistorisches di Vienna e i Musei vaticani.
L’impatto dell’incontro con questi pezzi in gran parte restituiti dal mare è di grande portata intellettuale ed emotiva. Finora non era stato possibile vederli tutti insieme come a Firenze, ordinati in un percorso espositivo coerente e ben illustrato dalle didascalie (sette sezioni tematiche, suddivise per soggetti, cambiamenti di stile e sensibilità artistica e potenzialità della tecnica del bronzo) sotto la cifra concettuale espressa dal titolo: potere e pathos. Esauritasi la forza innovativa delle città stato greche, comincia l’era dei sovrani, aperta dall’eccezionale avventura alessandrina. L’arte abbandona l’equilibrio e la potenza arcaica di un’umanità che ha preso possesso del suo esserci, in armonia con la divinità e la natura, per rappresentare l’immagine eroica e drammatica del potere e, nello stesso tempo, le molteplici sfaccettature della bellezza che diventa sempre di più espressione di emozioni e sentimenti.
Sentimenti che si leggono su volti di grande fascino come quello del diadoco, generale ed erede di Alessandro (forse Demetrio Poliorcete) fuso a cavallo del IV e del terzo secolo a.C.. O le teste ritratto del I secolo o ancora il busto di Lucio Calpurnio Pisone il Pontefice. Dal punto di vista della comprensione tecnico-artistica, la sala più interessante è quella dell’Apoxyomenos, l’atleta con lo strigile, lo strumento per detergere il corpo dal sudore, colto non in una fissità ideale, ma istantanea del fluire dell’azione. La statua completa conservata a Vienna viene messa a confronto con diverse repliche anche in materiali diversi, come il marmo della versione degli Uffizi, o la pietra scura.
La terza sezione, dedicata ai “Corpi ideali, corpi estremi”, illustra i cambiamenti di stile e la ricerca di nuovi soggetti tratti dalla vita quotidiana. La dinamica del corpo viene studiata con grande precisione di particolari in personaggi assai diversi dai kouroi classici potenti ma sostanzialmente immobili, il cui modello ritorna nel gusto tardo dell’ellenismo. La riproduzione perfetta della pelle, della barba non fatta, delle rughe, il disegno dei muscoli e delle vene sono alcune delle possibilità che il bronzo concede all’artista
Curata da Jens Daehner e Kenneth Lapatin del J.Paul Getty Museum di Los Angeles, la mostra sarà visitabile a Palazzo Strozzi fino al 21 giugno. Poi si sposterà a Los Angeles (28 luglio – 1° novembre) per concludere il suo cammino alla National Gallery of Art di Washington (6 dicembre – 20 marzo 2016).