Alla fine Pierluigi Bersani ha alzato la bandiera bianca. Il segretario, in parte responsabile, in parte vittima di trame opache, ha ceduto. E il Pd precipita nel caos.
Il segretario lascerà l’incarico dopo l’elezione del presidente della Repubblica, ma la sua figura appartiene ormai al passato. “Uno su quattro ha tradito, è inaccettabile – ha detto ai delegati – La vicenda è di una gravità inaudita”. E una amara constatazione: “Noi da soli il Presidente della Repubblica non lo facciamo”.
La resa è giunta al termine di una giornata allucinante per il Partito democratico che dopo avere tentato la carta Marini – bruciata insieme alle tessere dei militanti in rivolta – si è rivolto al taumaturgo di Scandiano, al momento in gita in Mali. Scacco matto: cento franchi tiratori abbattono il Professore nel volgere di un pomeriggio. Adesso anche i numeri dicono che il partito è in pezzi e senza un comandante. Anche Rosy Bindi si dimette da presidente dell’assemblea nazionale Pd. “Decisione maturata da tempo” dice, ma non rinuncia al veleno: “Non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi né consultata sulla gestione della fase post elettorale e non intendo perciò portare la responsabilità della cattiva prova offerta dal Pd in questi giorni”.
Anche l’alleanza con Sel va in frantumi: quando il disastro è ormai compiuto, Nichi Vendola punta dritto verso Rodotà, un anziano e rassicurante signore che Grillo ha avuto la lungimiranza di sponsorizzare dopo avere giocato un po’ con i nomi di Strada e della Gabanelli.
Il Cavaliere ne esce rafforzato e immacolato. Questa volta per vincere gli è stato sufficiente restare a guardare. I suoi avversari si sono impiccati da soli.
Il Pd reggiano: “Fatto gravissimo”
L’esecutivo Provinciale di Reggio Emilia “accoglie con grande preoccupazione l’esito della quarta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica”. Scrive l’esecutivo del Pd: “Questa mattina la candidatura di Romano Prodi e la ritrovata unità dei grandi elettori espressa con unanime acclamazione alla loro assemblea aveva ridato grande fiducia e speranza tra i democratici reggiani. Il fatto che questa unanimità si sia spezzata nel segreto della cabina della quarta votazione, è gravissimo e apre una ferita importante nella fiducia che i cittadini ripongono in coloro che hanno votato. Acclamare al mattino e non votare la sera non è esercizio di democrazia parlamentare, ma ha ben altro nome. Crediamo ci sia ancora la possibilità di riscattarsi e dimostrare di avere senso di responsabilità”.
“Il nostro appello ai democratici è per un forte sostegno della candidatura del presidente Prodi, che aveva riscosso apprezzamenti profondi ben al di fuori della “sua” Reggio Emilia. Le caratteristiche, la storia e la passione del candidato reggiano sono note quanto la sua chiara fama internazionale, elemento chiave per dare sicurezza al nostro Paese nei confronti della comunità internazionale in uno dei momenti più difficili della nostra storia. Questa la richiesta che facciamo prima di tutto ai nostri parlamentari, che certamente hanno votato il loro concittadino già alla quarta votazione. E’ in gioco il futuro del paese e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e nelle loro organizzazioni democratiche”.