The dark side of cyberwar

Alcuni giorni fa, il 5 e il 6 di settembre, l’Unione Scienziati Per Il Disarmo (USPID) ha tenuto a Pisa una riunione per ricordare Carlo Bernardini, un grande intellettuale della scienza italiana, mancato il 22 giugno.

In una giornata seminariale che ha arricchito l’incontro sono state tenute alcune interessanti relazioni. Vale la pena di riprendere quella presentata da Gian Piero Siroli, fisico, esperto tra l’altro di cyber-security: “Guerra cibernetica, digitalizzazione del campo di battaglia e armi autonome – The dark side of Cyberworld”.

Alcuni ricorderanno la vicenda delle centrifughe iraniane per l’arricchimento dell’uranio 235, messe fuori uso da un “verme informatico” noto come Stuxnet, propagato ad arte da esperti, forse israeliani o statunitensi.

Da Siroli, semplificando:
Un “verme” è un segmento di un codice che si autoreplica e si diffonde autonomamente attraverso le reti, senza alcun intervento umano.
Stuxnet è un “verme” progettato per sabotare lo specifico processo di controllo industriale di gestione delle centrifughe. Una volta iniettato nel sistema di controllo, si diffonde silenziosamente, cerca due specifici microprocessori (Programmable Logic Controller, PLC) e ne altera la funzionalità. Il “codice di attacco” iniettato cambia la velocità di rotazione delle centrifughe in modo incoerente con le specifiche meccaniche, provocandone in breve tempo la rottura.
Così nel 2010 un’arma cibernetica sabotò il programma nucleare iraniano.
Una parte di Stuxnet non è specificamente disegnato per danneggiare l’infrastruttura iraniana, quindi può essere riadattato per attacchi in altri ambienti attraverso il reverse engineering, una tecnica di de-costruzione del software.

In seguito sono state scoperte nuove Cyberweapons: Duqu (2011), simile a Stuxnet, Flame (2012), con capacità di spionaggio, Gauss (2012), per scoprire informazioni bancarie e sui circuiti finanziari, Shamoon (2012), per il sabotaggio nei settori dell’energia e del petrolio, Red October (2013), per lo spionaggio di agenzie governative e di enti di ricerca.

Nel 2008 la Turchia denunciò un misterioso sabotaggio di origine cibernetica a un oleodotto. Nel dicembre 2011, presumibilmente a causa di un attacco di questo genere, la CIA perse il controllo di un drone di sorveglianza, in volo probabilmente nello spazio aereo iraniano . Nel 2014 i sistemi di controllo di un’Azienda siderurgica tedesca furono danneggiati, provocando gravi guasti a una fornace. Due anni dopo la Russia fu sospettata di un attacco informatico alla rete elettrica ucraina con conseguente black out, e gli Stati Uniti minacciarono contro la Russia; il Regno Unito nello stesso anno sferrò il primo attacco di cyberwar ufficialmente riconosciuto, contro l’ISIS.
La Cyberwar costituisce dunque una minaccia per i sistemi militari: sistemi di comunicazione e controllo, sistemi d’arma, industria militare, droni e sistemi autonomi, reti veloci per la sorveglianza del campo di battaglia, possibilità di alterare i dati di navigazione su veicoli terrestri, marini o in volo, di accecare i sensori di visione, di confondere GPS, ecc. Ad esempio, molti tipi di aereo, militari e civili, in alcune fasi del volo utilizzano elaborazione e trasmissione di dati digitali a vari livelli.
L’immagine dà una visione sintetica di un possibile modello di network digitale di comunicazione nel campo di battaglia.

Le armi nucleari sono state sviluppate in un periodo in cui le potenzialità cibernetiche erano in uno stadio primitivo e soprattutto in reti di trasmissione dati completamente isolate, quindi senza la preoccupazione per [eventuali] vulnerabilità. Oggi questa possibilità esiste, quindi anche i processi decisionali sono messi a rischio. I silos che ospitano i missili Minuteman, la sezione terrestre dalla triade strategica USA che dovrebbe garantire la deterrenza, si ritiene che siano particolarmente vulnerabili; lo stesso si può dire dei sommergibili britannici che imbarcano i missili balistici nucleari Trident.

La guerra cibernetica, insieme allo sviluppo di armi autonome intelligenti, è già una componente vitale della guerra convenzionale. Nei futuri conflitti avrà un ruolo difficile da valutare, ma sicuramente importante in certe situazioni. Le principali potenze domineranno anche questa nuova dimensione? O si modificherà la dinamica del potere mondiale? Ricordiamo le parole di Albert Einstein.

Alcune settimane fa, martedì 18 settembre, Donald Trump ha inviato al Senato e alla Camera un documento sulla cyberwar. Con le nuove regole il segretario della Difesa ha un margine di manovra più ampio per per effettuare offensive informatiche, utilizzando tecnologie in grado di distruggere o degradare la rete di un avversario o soffocare gli attacchi in corso.

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