Borgo Pinti di Oscar Bartoli: storia di una famiglia fiorentina

Firenze – Una strada di Firenze, una famiglia e una storia che corre lungo il Novecento alternando vicende di povertà e di dolore a momenti di serenità e affetto. La strada è Borgo Pinti, che prende il nome forse da frati “pintori” di vetrate ed è una delle antiche vie che dal centro portavano verso le colline di  Fiesole. Un toponimo medioevale denso di richiami e di riferimenti alla creatività fiorentina perfettamente coerente con le vicende di cui è stata lo scenario.

La storia è quella della famiglia Bartoli e l’ha raccontata con passione e ironia il più noto dei suoi membri in un libro pubblicato dal Gruppo Editoriale Bonanno che porta nel titolo il nome della strada: “Borgo Pinti – storia di una famiglia fiorentina”.

Oscar Bartoli è un personaggio conosciuto a Firenze soprattutto per essere stato esponente di spicco del Partito Liberale, consigliere comunale del Pli, e per molti anni dipendente del Gruppo SMI, leader europeo nel settore dei metalli non ferrosi, ai tempi del suo fondatore Luigi Orlando. La sede della SMI era ubicata nel palazzo del Cinquecento a un centinaio di metri dall’abitazione della sua giovinezza, sempre in Borgo Pinti, al numero 31, un mezzanino che si apre sul giardino del Palazzo Geddes da Filicaia. Destino comune a tanti altri fiorentini fortemente legati alla loro città, le tappe più importanti della sua formazione si sono svolte in un’area di un paio di ettari: abitazione, liceo, facoltà di giurisprudenza, SMI. Bastava scantonare.

Inevitabilmente la professione l’ha portato lontano: a Roma  all’IRI, come capo delle relazioni con la stampa sotto la presidenza di Romano Prodi e poi direttore della sede americana dell’IRI a Washington. Dopo la privatizzazione dell’ente pubblico e la chiusura degli uffici all’estero, ha deciso di rimanere negli Stati Uniti, da dove collabora con numerose testate giornalistiche, insegnando giornalismo e comunicazione presso università prestigiose, americane e italiane, e soprattutto redigendo un blog molto seguito, “Letter from Washington” .

E’ una fortuna per i lettori interessati (ma anche per chi studia la storia attraverso le testimonianze delle persone che l’hanno vissuta) che Bartoli, nato nel 1935, abbia deciso di offrire squarci autentici delle esperienze vissute in prima persona. Il fascismo con i suoi personaggi e i suoi meccanismi di potere, la guerra che ha segnato e cambiato la vita dei suoi familiari, la terribile esperienza dei bombardamenti,  la battaglia per la liberazione di Firenze con le grandi sofferenze e le violenze fratricide. Poi il dopoguerra, gli studi, l’impegno politico, l’alluvione del 1966.

Quel “Pinti” del Borgo pare proprio un altro segno del destino. I bisnonni materni avevano fondato e diretto un circo e il nonno Leo aveva vissuto le grazie e le disgrazie di scrittore, attore e pittore, attraversando momenti di estrema povertà e disperazione, dai quali era uscito grazie alla saggezza e alla forza della moglie Emma. Il padre, Sergio, grande cavallerizzo, ha affrontato vicissitudini e momenti bui a causa della sua convinta adesione al fascismo, con una coerenza che non si era incrinata nemmeno negli anni della prigionia in America.

Anche Oscar ha ereditato capacità creativa, da musicista. Abile nel suonare la chitarra aveva creato una band specializzata nella canzone francese di Gilbert Becaud e Charles Aznavour  e nei classici di quella americana, di Frank Sinatra e Nat King Cole. Fra le pagine più divertenti del libro ci sono quelle che raccontano le avventure della band impegnata in un night club di Rimini.

Ancora grazie a Emma, Oscar fu salvato dalle dolorose conseguenze della separazione dei  genitori, con la madre, Ines, che non era in grado di accudire al figlio. Il racconto del viaggio della nonna a Roma, che si conclude con il “rapimento“ del nipote trovato in condizioni di abbandono, costituisce la prima parte del volume. La situazione per fortuna non si complica e il piccolo può finalmente cominciare la sua vita in Borgo Pinti con la nonna  e le zie Lea e Clio. Di tutte loro, così come degli altri familiari, Bartoli racconta aspirazioni, successi e  fallimenti, anche con crudezza, sempre con gratitudine e affetto.

Fedele alla sue convinzioni laiche e libertarie, l’autore non si lascia mai andare a giudizi o moralismi su quanto ha visto e vissuto. Tuttavia, al termine del viaggio sul filo della memoria, Bartoli consegna al lettore un’amara riflessione sulla vecchiaia: ”Noi vecchi non possiamo essere vecchi se vogliamo avere anche un minimo di diritto di cittadinanza in una società che, a parte il dolore della pietà familiare, ha applaudito l’ecatombe di massa degli anziani fatta dal virus e dalle sue varianti che hanno scremato, si fa per dire, la società nella quale i vecchi sono una pesante spesa corrente che non produce alcunché. Auguri e pace a chi sente ancora qualcosa per l’anziano”. Per quanto lo riguarda, lui ha avuto la fortuna di sposare una donna che vive con lui da oltre 50 anni e due figli Max e Marco che vivono lontani, ma “che non tralasciano occasione per far sentire il loro affetto”. E forse ciò che lo ha mosso è stato proprio il desiderio di mostrare quanto è importante il patrimonio di vita e di ricordi di un anziano per aiutare i giovani a superare i problemi di oggi.

Tutto è partito da quella via fiorentina Borgo Pinti il cui fascino particolare è espresso dalla copertina del libro: un olio del pittore Tim McGuire, un canadese. I luoghi oggi, come dimostra la storia di Oscar Bartoli, fanno parte della coscienza del mondo.

 

“BORGO PINTI – storia di una famiglia fiorentina” di Oscar Bartoli sarà presentato a Firenze, venerdì 16 settembre 2022 alle ore 18.00 presso la Feltrinelli di via de’ Cerretani 40r.  Interverranno all’incontro con l’autore il  giornalista Piero Meucci e Pina Labanca, della Casa Editrice Bonanno.
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