Firenze – Bonus 80 euro, ci sono due modi di perderlo in “corso d’anno”, vale a dire nello scorrere dei mesi dell’anno in cui il lavoratore, assolti i requisiti, se lo trova in busta paga. L’uno è quello in cui, e va da se’, il lavoratore dipendente che ne beneficia abbia superato, a fine anno, i 26mila euro di tetto massimo per l’attribuzione. Di fatto, può infatti avvenire che oltre al reddito di lavoro dipendente ad esempio il lavoratore dinamico e motivato o solo fortunato possa aver aggiunto altro soldi al proprio reddito da dipendente. In questo caso, la restituzione ha una sua logica interna. Ma la seconda via desta qualche perplessità: infatti a restituire in tutto o in parte il famoso bonus si potrebbero ritrovare anche coloro che, a fine anno, contassero un reddito inferiore a 8mila euro. Vale a dire, quelli che si sono trasformati “in corsa” in incapienti.
A spiegare il meccanismo e ad additarne le criticità, è il segretario della Cgil Toscana Mirko Lami, che sottolinea come non sia raro, di questi tempi, diventare incapienti in corso d’anno. “ Se, ad esempio, la tua azienda è in crisi e sei in solidarietà al 50%, il tuo stipendio potrebbe essere superiore agli 8.000 euro, il bonus ti spetta – spiega Lami – ma se dopo il primo trimestre, per il perdurare e l’aggravarsi della crisi, la tua solidarietà passa al 60%, potresti andare al di sotto degli 8.000. Così il bonus non ti spetta più e dovrai restituirlo in tutto o in parte. Aziende e stipendi in questa situazione – aggiunge – ce ne sono a decine sulla costa e sono in crescita”.
Se il punto è chiaro allora passiamo alla restituzione, vale a dire alle modalità con cui il lavoratore, diventato incapiente o avendo superato il tetto in altezza, deve restituire i soldi. “Un po’ per volta come te li hanno dati? – incalza Lami – no, tutti insieme o in rapida successione se una sola mensilità non fosse sufficiente. A quel punto puoi solo sperare in un miracolo perché per due, tre mesi dovrai fare la spesa con solo qualche spicciolo in busta paga”.
“Una situazione che grida vendetta” commenta il sindacalista che conclude: “L’ennesimo esempio di chi prepara provvedimenti senza nulla conoscere della realtà del mondo del lavoro. Mi domando cosa aspetti il governo a risolvere questa inaccettabile ingiustizia verso coloro che più subiscono gli effetti della crisi”.