Bonaretti addio, con un po’ di rimpianti

Duro colpo per l’ente locale: il direttore Bonaretti se ne va a Roma con Delrio. Ritratto nostalgico di un uomo che piaceva alle donne, meno ai dipendenti comunali
dal sito www.reggio5stelle.it

A furia di rincorrere fanfaluche nazionali su Castagnetti (dopo il premierato e la presidenza della Repubblica, c’era chi lo aveva dato reggente del Pd pre-epifania), rischiamo di farci sfuggire le bubbole più ascrivibili a casa nostra. E chiamale bubbole. Il Graziano Delrio ministro ha deciso di sottrarre al Delrio sindaco l’ormai ex direttore generale del comune di Reggio, Mauro Bonaretti. Uomo contestato d’accordo (ed invidiato per la sua piacioneria), anche per alcune sue carenze nell’arte della diplomazia, ma di indiscutibili capacità e preparazione. Collocato a suo tempo dal Sole 24 Ore nella top ten tra i manager di enti locali, Bonaretti seguirà Delrio a Roma nelle veci del Capo di Gabinetto del dicastero agli Affari regionali. Sarà in sostanza la longa manus operativa del sindaco “decadente”.

Ci si chiede se l’esodo di personale amministrativo da Reggio alla Capitale abbia esaurito le unità o se invece ci si debba aspettare qualche colpo di coda negli arrivederci. Certo che i cazzotti subiti sono stati da ko tecnico uno dopo l’altro per la macchina organizzativa comunale: Gandolfi, Delrio, ora Bonaretti. Con la poltrona da segretario generale ancora vacante e in funzione non prima di giugno quando arriverà da Carpi Andrea Orlando. E le domande di allora, poste dal nostro web magazine  immediatamente dopo la notizia del ministero a Delrio tra il tripudio corale, si fanno ancora più insistenti.

A parte lo scivolone della terrazza “storica” ritoccata senza permesso e la sfuriata sul consiglio comunale in vena di processi sulla sua persona (lo definì “tribunale del popolo autoconvocato”), Mauro Bonaretti lascerà più rimpianti che rancori. Capace di sostenere il peso dei tagli al personale ed una riorganizzazione più sobria, Bonaretti aveva cercato di lottare, in tempi non sospetti e ben prima della moda della spending review, per strappare alla nomina politica i ruoli chiave nei complessi meccanismi dell’ente locale. Ben conscio che la meritocrazia avrebbe dovuto essere un concetto applicato soprattutto da chi la sbandierava retoricamente ad ogni taglio di nastro inaugurale. Una tirata d’orecchi però il nostro se la merita a proposito delle sue campagne tecnologico-informative con scarso seguito operativo. Ha amato circondarsi di quaquaraqua universitari e informativi che lo spalleggiassero in circonvoluzioni incomprensibili (e per questo lo abbiamo satireggiato in una puntata delle interviste con la Morte, sotto riprodotta).

A noi piace ricordarlo così: un paio d’estati fa, scorrazzare sul suo scooter tra Carpineti e Marola. Chioma fluente al vento, leggermente brizzolata a lasciare sospiri d’argento nei cuori infranti delle montanare all’uscio.

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