Le espulsioni di immigrati irregolari – o che non abbiano ottenuto lo status di rifugiati, o che abbiano commesso reati che prevedono l’espulsione – a Bologna sono raddoppiate quest’anno, ma i rimpatri sono bloccati. È la contraddizione degli irregolari privi di documenti e del permesso di soggiorno. Per loro scatta il provvedimento di espulsione con l’obbligo di lasciare il territorio nazionale. Ma quelli che realmente tornano nei propri Paesi d’origine sono sempre meno, salvo che non si vedano sottoposti a rimpatrio immediato.
A Bologna e provincia, nei primi sette mesi del 2016, a fronte di 633 espulsioni i rimpatri sono stati appena 59. I controlli, complice anche l’allerta terrorismo, sono costanti ma è impossibile monitorare l’effettivo rientro in patria. E tra chi vive senza permesso di soggiorno sotto le Due Torri c’è anche chi ha precedenti penali rilevanti. Spaccio, furti e rapine sono i reati che vanno per la maggiore. Ma c’è anche chi viene espulso perché perde il lavoro e con esso il permesso di soggiorno.
Secondo la Prefettura, da gennaio a luglio del 2016 a Bologna e in provincia i provvedimenti di espulsione con l’obbligo a lasciare il territorio nazionale, sono stati 633 a fronte dei 398 dello stesso periodo del 2015. Un aumento del 59% su base annua. Non varia, invece, il dato delle persone rimpatriate immediatamente: quest’anno come l’anno scorso solo il 9% degli espulsi è stato messo su un aereo con un biglietto di sola andata verso il proprio Paese d’origine. I dati raccontano un fenomeno complesso che nell’ultimo anno ha segnato un’impennata. Complice anche l’attenzione, sempre maggiore, per i pericoli del terrorismo e l’aumento dei flussi migratori che negli ultimi due anni ha portato circa 18mila profughi di passaggio dall’hub regionale di via Mattei. Senza tralasciare la crisi del lavoro.
Quanto ai rimpatri, per 59 persone da gennaio fino a luglio di quest’anno è scattata l’espulsione immediata con l’accompagnamento delle forze dell’ordine alla frontiera. L’espulso resta in città il tempo necessario per organizzare il trasferimento, che il più delle volte è organizzato con un volo. L’anno scorso, nello stesso periodo, quelli effettivamente rimpatriati sono stati 38. I provvedimenti amministrativi sono firmati dal prefetto e resi esecutivi dal questore. C’è anche chi viene trasferito nei centri di identificazione e di espulsione. I Cie come quello che c’era in via Mattei, che ha chiuso definitivamente a marzo 2013 per riaprire, a luglio 2014, come primo hub regionale dedicato all’accoglienza dei profughi. Quest’anno sono state due le persone accompagnate nei centri del Nord Italia, l’anno scorso invece erano 7.
Gli espulsi arrivano soprattutto dai paesi del Nord Africa: ai primi posti Tunisia e Marocco, a seguire Nigeria, Pakistan e Albania. Anche perché con questi paesi è attiva una collaborazione per il rientro. Ma i provvedimenti di espulsione non riguardano solo chi ha commesso un reato. Nel limbo degli irregolari finisce anche il richiedente asilo a cui non viene riconosciuta la protezione internazionale o quella sussidiaria — da due a cinque anni con annesso permesso di soggiorno — e perdendo il suo status viene considerato un irregolare. E infine c’è chi perde il lavoro e dunque il permesso di soggiorno.
Chi riceve l’intimazione a lasciare Bologna ha a disposizione dai 7 ai 30 giorni per rientrare nel proprio paese d’origine, usufruendo anche del rimpatrio volontario e assistito per cui ci sono appositi programmi di aiuto a livello nazionale ed Europeo. Ma la maggior parte delle volte gli espulsi restano in città da clandestini, reato per cui è prevista solo una multa.