Il Comune di Bologna ha deciso: presto sui moduli per l’iscrizione a scuola non ci sarà più alcun riferimento alle parole “padre” e “madre”. Una decisione che accoglie, tra l’altro, le indicazioni date recentemente proprio a Bologna dal ministro Cécile Kyenge. Obiettivo: evitare eventuali rischi di discriminazione.
Ma il Comune non adotterà nemmeno la distinzione tra “genitore 1” e “genitore 2”, formula che si era attirata l’ironia dello stesso arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra (“Propongo che per non litigare un anno il genitore 1 lo faccia la mamma, l’altro il papà”) . Anzi, come assicura l’assessore comunale all’Istruzione Marilena Pillati (Pd) quella soluzione non è mai stata presa nemmeno in considerazione. “Non abbiamo mai pensato di inserire “genitore 1” e “genitore 2″ o altri termini che possano stabilire una gerarchia tra i genitori, ponendoci al di fuori di quanto prevede l’ordinamento italiano”. Ciò che il Comune farà sarà uniformare la modulistica dei servizi per l’infanzia alle diciture “genitore richiedente” e “altro genitore”.
La Pillati sottolinea che “i moduli per la richiesta di qualsiasi servizio educativo e scolastico contengono già la parola “genitore”, visto che formalmente a fare richiesta dei servizi è un solo genitore”, che può essere indifferentemente il padre o la madre. “L’unico riferimento a “padre” e “madre” è presente nella parte della modulistica dove si parla della condizione lavorativa – spiega ancora la Pillati – è qui che per un fatto di coerenza interna ai moduli stiamo valutando di sostituire i termini distinguendo sempre tra il genitore che ha fatto richiesta e l’altro genitore, se c’è ovviamente”. Addio dunque all’unico riferimento al sesso dei genitori (“padre” e “madre”) che ancora compare nella modulistica comunale. “Per noi il tema – sottolinea l’assessore – è molto circoscritto”.
Molto meno per le forze politiche, Udc in testa, che hanno sollevato furiose polemiche su questo provvedimento. Durissimo il leader Pierferdinando Casini, secondo il quale “sostituire nella modulistica scolastica le parole “padre” e “madre” è una farsa che rischia di fare dei danni irreparabili. Nel giro di pochi mesi si è passati dal referendum sulle scuole paritarie a questa pericolosa mistificazione burocratica che intende mettere in discussione due figure che nella nostra società hanno un valore preciso, fondante e certamente non divisivo. Surrettiziamente invece – sostiene Casini – si vuole far passare l’idea che la genitorialità possa essere diversa da quella naturale“.
La posizione dell’Udc “è nota – continua Casini – è legittimo che qualcuno la pensi in modo diverso, ma è inaccettabile la strumentalizzazione dei nostri bambini: quando si tratta di infanzia occorre sempre usare la massima cautela, la giunta continua a mostrare invece una leggerezza che lascia allibiti”. Dello stesso avviso il capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale, Manes Bernardini, per il quale “l’amministrazione ha svenduto l’identità di mamma e papà agli equilibri di maggioranza”.
Per l’Arcigay, circolo “Il cassero”, si tratta invece di “un atto di grande buonsenso e di buona politica”. L’auspicio, concludono gli attivisti, è che altri Comuni seguano al più presto questa strada.