Una “manifestazione-preghiera” contro l’aborto davanti all’ospedale Maggiore di Bologna, promossa dal comitato “No 194” sta diventando un forte oggetto di divisione nel panorama della politica bolognese.
«Se il prefetto di Bologna ci vieterà di fare la manifestazione, io agirò a livello legale, impugnerò il provvedimento e aprirò un procedimento giudiziario». A dirlo è il presidente e fondatore del comitato No 194 Pietro Guerini, in risposta al Pd bolognese che ha chiesto al prefetto Ennio Mario Sodano di non autorizzare la manifestazione-preghiera nazionale indetta per il prossimo 13 giugno davanti all’ospedale Maggiore.
Il fatto di questa mattina consiste proprio in questo: la domanda del segretario provinciale dei dem Francesco Critelli e della responsabile Donne del Pd di Bologna Federica Mazzoni è stata accolta, quindi per l’associazione di anti-arboristi sarà battaglia legale. «Sono allibito dal comportamento del partito del presidente del Consiglio — sottolinea Guerini — questo tentativo di censurare una manifestazione pacifica come la nostra è tipico di un atteggiamento stalinista, radicato in tutti i partiti di sinistra. Cosa c’è di democratico?» A chi obietta, come il Pd, che le modalità della veglia di preghiera di nove ore pro-life (con il timore di esibizione di foto, cartelli e oggetti raffiguranti crocifissi con feti morti, immagini di sale operatorie con resti di interventi chirurgici) possano essere «fortemente provocatorie», Guerini risponde: «Verificherò che non ci siano foto offensive, ma d’altronde non vedo cosa ci sia di pretestuoso nel mostrare le foto di un aborto: è la verità dei fatti. Come è vero che, nel negare l’autorizzazione alla manifestazione, si violerebbe la Costituzione».
In mattinata il comitato per l’ordine e la sicurezza ha deciso, su richiesta del sindaco Virginio Merola, lo stop alle manifestazioni davanti ai luoghi di cura, campi nomadi e strutture di accoglienza per immigrati. La discussa veglia antiabortista del 13 giugno, dunque, non si farà: per lo meno, non davanti al Maggiore.
Per i No 194 si infrangerebbero così ben tre articoli della carta costituzionale: il 17 sul diritto di riunione, il 19 sulla libera professione di fede e il 21, che tutela la libertà d’espressione. «Se la questura ci vieta di pregare organizzati in gruppo, andrò lo stesso. Anche a costo di essere da solo, ogni settimana, come ho già fatto alla clinica Mangiagalli di Milano — aveva minacciato ieri Giorgio Celsi infermiere marchigiano trapiantato in Lombardia e vice presidente del Comitato No 194 — Cosa ci sarà di offensivo in un rosario, di che hanno paura?»
L’obiettivo a lungo termine dei No194 è arrivare ad un referendum abrogativo della legge del 1978 che regolamenta le interruzioni di gravidanza in Italia. Una legge che «è peggio delle leggi razziali».
Intanto, Celsi non nega la collaborazione dei militanti No194 con Forza Nuova, i cui militanti lo scorso 15 aprile li hanno scortati e supportati a Milano. «Noi siamo aperti a tutti coloro che si dichiarano contro l’aborto, anche agli islamici se vogliono venire, e pure a Forza Nuova. Che c’è di male?» E nel frattempo, contestando la costituzionalità e democraticità della legge 194, rassicura: «Non porteremo cartelli e fotografie troppo esplicite, per non urtare le donne che arrivano in ospedale per aborto spontaneo e non hanno colpa. Ma i crocefissi con attaccate piccole riproduzioni di “fetini” di tre mesi, quelli sì ci saranno. D’altronde è il Vangelo che dice: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”».
Secondo il Pd, si tratta di una manifestazione «fortemente provocatoria», che «offende la cittadinanza» e che veicola «espressioni di intolleranza». Inoltre, i democratici temono «modalità aggressive» che potrebbero portare «spiacevoli conseguenze in termini di ordine pubblico e disagi alla cittadinanza». Da qui la richiesta a prefetto e questore di non autorizzare la manifestazione degli antiabortisti davanti al Maggiore.