Roma – Negli anni sono state sviluppate soluzioni per restituire informazioni tattili a persone con amputazione di arto. Tuttavia le informazioni che esse trasmettono risultano lontane da quelle della mano umana, in termini di naturalezza ed efficacia.
La soluzione a questo importante problema clinico e scientifico arriva adesso da una nuova ricerca pubblicata su Neuron, una delle più prestigiose riviste nel campo delle neuroscienze, da parte di un gruppo di ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), dell’Università di Friburgo, del Policlinico Gemelli di Roma.
Il gruppo coordinato da Silvestro Micera, docente di Bioingegneria all’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, e titolare della Cattedra Bertarelli in Neuroingegneria Translazionale all’EPFL, ha infatti sviluppato un codice in grado di trasmettere per la prima volta ai nervi del braccio amputato tutta la varietà di percezioni che avrebbe ricevuto dai neuroni tattili della propria mano e, quindi, di comunicare le informazioni utili per il movimento in modo estremamente naturale.
Lo studio, dal titolo “Biomimetic intraneural sensory feedback enhances sensation naturalness, tactile sensitivity and manual dexterity in a bidirectional prosthesis”, apre nuovi scenari nella ricerca sulle protesi artificiali e sulla loro capacità di recuperare il più possibile la naturalezza dell’arto mancante. Attraverso un approccio interdisciplinare, che integra pratiche derivanti dalla neuroingegneria, dalla neurologia clinica e dalla robotica, grazie a simulazioni matematiche del comportamento dei neuroni, è stato possibile accertare che paziente riesce a ricevere informazioni più naturali ed efficaci, stimolando il nervo periferico con informazioni molto simili a quelle che i sensori delle dita naturali fornirebbero in situazioni normali.
“In questo lavoro scientifico non siamo partiti dalla mano robotica – spiega Giacomo Valle, studente di dottorato alla Scuola Superiore Sant’Anna e prima firma della pubblicazione – ma dalla sorgente dell’informazione tattile, cercando di riprodurre in modo più accurato possibile la dinamica dei neuroni nelle dita nel momento in cui una mano tocca un oggetto. Così abbiamo trasmesso al sistema nervoso del paziente un segnale che è stato subito riconosciuto come naturale”.
Quello compiuto dai ricercatori e oggetto della pubblicazione su Neuron, appare come un passo significativo verso una protesi di mano ancora più simile a quella naturale, perché – per la prima volta – si tengono in considerazione tutti gli aspetti della percezione tattile. Inoltre, il codice sviluppato dagli autori dello studio potrà essere applicato a tutti i modelli di protesi, garantendo la sensibilità delle percezioni e l’efficacia dei movimenti.
L’utilizzo del codice permette di avere una maggiore sensibilità quando la mano robotica entra in contatto con un oggetto di qualsiasi dimensione, superando i limiti “sensoriali” delle protesi tradizionali.
Lo studio è stato portato avanti nell’ambito del progetto NEBIAS, finanziato dalla Commissione Europea e coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, istituzione che si occupa da quasi due decenni di protesi di mano sensibili nell’ambito di progetti su scala nazionale ed europea. Ha contribuito allo studio anche il Centro di competenza svizzero in robotica.