Firenze – C’è anche la Toscana, nel novero delle prime sei regioni italiane che hanno sperimentato con prove in campo il primo anno di attività per favorire la transizione della difesa dalle avversità, dalla chimica di sintesi ai bioprodotti. Per centrare gli obiettivi di sostenibilità e innovazione fissati dal Green Deal Ue, non solo serve investire su digitale e biocontrollo, con l’agricoltura biologica a modello e guida, ma è anche necessaria infatti una strategia di difesa che intervenga su processi e metodi in chiave bio per valutazioni precoci e tempestive del rischio di fitopatologie, monitoraggio con dati microclimatici e tecniche di contrasto sempre più idonee. E’ il messaggio che Cia-Agricoltori Italiani lancia per il salone tematico Sanatech del SANA, a BolognaFiere, in occasione del convegno “Progetto BioControllo: primi risultati e sviluppi futuri” promosso con IBMA Italia, l’associazione delle aziende operanti nell’industria della bioprotezione in agricoltura.
Le sei regioni già coinvolte oltre alla Toscana sono Veneto, Umbria, Marche, Molise e Sicilia. Oltre alle prove in campo, le attività hanno visto lo svolgersi di training con 20 incontri in 4 mesi per oltre 30 tecnici di 9 regioni e più di 60 partecipanti in totale, tra operatori e una rete di aziende in costante crescita. Un percorso che sta investendo sullo sviluppo di tecnologie di biocontrollo (insetti utili, microrganismi, feromoni, sostanze naturali, ovvero circa l’8% del mercato dei mezzi tecnici per la protezione delle piante da organismi nocivi e malattie) nella logica di un’agricoltura sempre più green e innovativa, in linea con le strategie “Farm to Fork” e “Biodiversity” e con i requisiti Ue, la riduzione, entro il 2030 del 50% dell’uso e rischio complessivo dei pesticidi chimici e del 50% di quelli più pericolosi.
Nel focus delle prime sperimentazioni di gestione delle fitopatologie con strategie di biocontrollo, colture come vite da vino e da mensa, olive da olio e da mensa. Soluzioni d’intervento e monitoraggio: la mosca dell’olivo, trattata con la collocazione di trappole o l’uso del Caolino (polvere di roccia spruzzata sulla chioma), mentre per la vite, l’approccio operativo si è concentrato su oidio, tignoletta, cocciniglia e peronospora. Un lavoro che pone le basi per un’attività di divulgazione tecnica di straordinaria importanza, creando competenze e favorendo una politica agricola forte di modelli produttivi sostenibili.
I prossimi sei mesi saranno, invece, strategici per mettere a punto i piani annuali di Cia e IBMA Italia. Il programma triennale, infatti, punterà su ricerca e innovazione, accordi con università, CNR e CREA, format per progetti di ricerca utili nei bandi e con i PSRR; promozione della conoscenza nell’ambito dei Sistemi AKIS. Ci saranno poi: attività di training tecnico; interlocuzione con il Servizio Fitopatologico Nazionale e regionale per facilitare l’iter autorizzativo di nuovi prodotti di biocontrollo, sostenere e incentivare i PSR, la revisione dei disciplinari e la costruzione di un percorso ad hoc sulla bioprotezione. Sperimentazione, open day dimostrativi, digitalizzazione, supportati da adeguata comunicazione, completano il progetto complessivo che vuole arrivare a coprire tutta Italia entro il 2024.
“Una sfida necessaria -ha detto il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino– ora richiede passi da gigante sia culturali che in termini di investimenti dove ricerca e innovazione, grazie ai 500 milioni del PNRR, ma anche alla nuova Pac, devono saper contemplare il biocontrollo nello sviluppo agricolo green. Inoltre -ha precisato- sperimentazione e validazione di protocolli di difesa fitosanitaria a basso impatto, contribuiranno a dare futuro a bio e produzione integrata”.
“Si tratta di un progetto ambizioso per la diffusione del biocontrollo in Italia -ha dichiarato il presidente di IBMA Italia, Giacomo De Maio-. Le aziende associate ad IBMA Italia investono ingenti risorse in innovazioni e prodotti che si allineano alle specifiche di utilizzo in agricoltura biologica e integrata, senza tralasciare la sicurezza per ambiente, consumatori ed operatori. Il coinvolgimento di tecnici ed esperti nella formazione è un passaggio fondamentale di trasferimento del knowhow: dalla sperimentazione agronomica di campo alla pratica dell’agricoltore, adattando le strategie già collaudate ai vari areali di produzione agraria. Quindi, strategie e formazione sono le parole chiave del futuro, per un biocontrollo operativo e reale, che l’Europa ci chiede”.
“Dunque -ha concluso Scanavino- non si tratta, semplicemente, di sostituire un prodotto fitosanitario con un altro, ma di intervenire su processi e metodi in chiave bio, realizzare una strategia di difesa che riduca per gli agricoltori i costi del biocontrollo e ne migliori l’efficacia, nonostante la maggiore selettività rispetto ai fitofarmaci di sintesi. Questi, gli obiettivi chiave che condividiamo con IBMA Italia”.