Firenze – Tornano ad aprire le biblioteche comunali, ma con tutta una serie di disposizioni atte a garantire la sicurezza di utenti e operatori. La notizia proviene dall’incontro che si è tenuto oggi, con i vertici amministrativi e i rappresentanti dei lavoratori. Presenti l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi e l’assessore al personale Alessandro Martini. Intanto, a tornare al lavoro, in piccoli numeri contingentati e con misure stringenti come gli appuntamenti per gli utenti o le consultazioni on line, sono i bibliotecari dipendenti comunali, che comunque non erano mai stati sospesi dal servizio, in quanto erano stati messi a casa, a disposizione, con smart working.
Diverso il caso dei lavoratori in appalto, che sono quasi cento e che fino al 10 maggio, come da loro stessi dichiarato, hanno usufruito del FIS, ovvero del fondo integrazione dei salari. Scaduto questo, visto che ancora non è stato pubblicato il DL Rilancio, rischiano di non ricevere più niente, essendo in vacatio legis. Per questi due mesi, vale a dire maggio e giugno, l’amministrazione ha messo allo studio l’ipotesi di “recuperarli” nei mesi successivi, magari allargando l’appalto. Per loro si parla di un inizio di attività da luglio in poi. Di fatto, la decisione dell’amministrazione di riaprire solo 5 biblioteche sulle 13 esistenti, rende inutile per ora l’utilizzo dei lavoratori delle cooperative, in quanto il personale dipendente comunale già è in grado di assicurare un servizio così ridimensionato.
“Il problema è che ciò di cui si sta parlando sono solo palliativi che non risolvono il nodo di fondo – dice Stefano Cecchi, dell’Usb, presente all’incontro odierno – in quanto la vera questione si è aperta con l’esternalizzazione dei servizi partita nel 2007. Il Fis, che rappresenta solo un ammortizzatore sociale, non è capace di rispondere alle necessità di questi lavoratori, in quanto si tratta del 67% dello stipendio “normale”. Ciò significa, per persone che lavorano part time o comunque poche ore, che una diminuzione così forte porta le loro famiglie alla fame”. Situazione che si aggrava, come spesso accade, quando si tratta di famiglie in cui magari entrambi i genitori lavorano in queste condizioni.
“Insomma, a conti fatti – conclude Cecchi – se è vero che la pandemia sta esasperando i problemi dei lavoratori, è altrettanto vero che questi problemi, ovvero l’erosione dei diritti e la mancanza di tutele preesistevano al coronavirus. Il covid non ha fatto altro che renderli ancora più evidenti e esasperati”.
Ultimo punto, anche il problema della tenuta delle cooperative, particolarmente evidente in quelle piccole e meno strutturate, composte da soci lavoratori, dove la mancanza di attività può divenire letale. Il rischio insomma è che sopravvivano in ben pochi alla pandemia da covid e che aumenti in modo imprevedibile l’esercito dei disoccupati.