Ieri pomeriggio il Cardinale Arcivescovo di Firenze, Mons. Giuseppe Betori ha presieduto una Santa Messa per la riapertura della Cappella Ruccellai nel giorno in cui la Chiesa fa memoria dei santi Cirillo e Metodio, gli evangelizzatori dei popoli slavi, patroni d’Europa. La Cappella è famosa per conservare una copia del Santo Sepolcro di Gerusalemme. “La città, quella santa, e il cammino, anzi il pellegrinaggio per eccellenza – ha detto l’Arcivescovo all’Omelia – sono anche il contenuto e il significato di questo spazio sacro. Al centro di questa cappella è stata infatti costruita una replica del Santo Sepolcro di Gerusalemme, secondo un costume diffuso in Europa nei secoli che seguirono la conquista araba della città, quando il pellegrinaggio effettivo divenne pericoloso se non addirittura impossibile per quanto riguardava la meta. Per generosa decisione dei Rucellai anche ai fiorentini fu offerta l’opportunità di un incontro simbolico con quel luogo centrale della fede divenuto irraggiungibile. Con questo si rafforzava il legame di Firenze con Gerusalemme, che aveva già un segno eloquente nelle pietre tratte dal Santo Sepolcro con cui si accendeva e si accende tuttora il fuoco pasquale”.
“Ecco allora il senso di questo luogo: una memoria della città santa e del suo cuore e insieme un richiamo al pellegrinaggio come condizione della vita di ogni uomo, che trae il suo senso dall’essere orientata alla sorgente stessa della fede. Cose che sfuggono a chi si ferma solo alla dimensione formale della struttura che è posta al centro di questo luogo. La stranezza della forma potrà apparire a qualcuno cosa non terrestre e ad altri un intreccio di simbolismi esoterici; ma basta confrontarsi con la storia per riconoscere in queste forme una elaborata trasfigurazione di un impianto architettonico che riproduce la forma del sepolcro di Cristo come era apparso ai pellegrini dei tempi delle crociate, e individuare negli ornamenti impressi nelle pietre, accanto a motivi floreali, gli stemmi e le imprese di uomini nobili che ne erano i custodi e, perché no, i devoti”.
“La replica tra noi del sepolcro di Cristo è a sua volta trasfigurata, pur nella fedeltà sostanziale delle forme al modello gerosolimitano, dall’impronta del genio artistico di Leon Battista Alberti. Ma anche qui, lasciando agli storici dell’arte di evidenziarne il carattere e la bellezza, non posso non constatare il legame tra il rivestimento marmoreo del sacello e quello del nostro Battistero, un rimando fin troppo evidente tra il mistero della risurrezione di cui qui si fa memoria e il sacramento del Battesimo in cui l’uomo muore e risorge con Cristo a vita nuova. La fede è il riferimento più immediato per comprendere le ragioni dell’opera d’arte che contempliamo, così come accade per gran parte del nostro patrimonio storico culturale”.
Nel corso dell’Omelia Betori, quale amante dell’arte, non ha mancato di lanciare una forte denuncia: “Ne è un esempio questo luogo, che solo oggi, grazie a una rinnovata collaborazione tra Chiesa e istituzioni pubbliche – che qui ringrazio –, torna a far comunicare due spazi che una miope politica antireligiosa aveva separato, facendo della chiesa di san Pancrazio, su cui si apriva la cappella Rucellai, la sala di estrazione di una Lotteria. Non sarà mai possibile sanare la ferita prodotta da questa violenza alla storia e all’arte, perché appare impossibile restituire la visione del sacello in uno spazio libero inquadrato dalle due grandi colonne ora poste all’ingresso della ex-chiesa. L’amarezza per lo scempio perpetrato è ora mitigata dal fatto che l’ex-chiesa è da qualche tempo spazio di ben più nobili finalità, quelle di un museo, il quale, aprendosi verso questo luogo aiuta a percepire la continuità del legame spirituale che lega ogni opera nobile e bella lungo i tempi. Così l’insulto del vecchio secolarismo appare in tutta la sua ottusità e il dialogo che permette oggi questa riapertura è segno di un rinnovato dialogo tra fede e arte, tra Chiesa e società, che auspichiamo foriero di tempi nuovi, pieni di speranza”.
“Concludo – ha detto Betori – con un augurio: la riapertura della cappella Rucellai possa segnare una più profonda identificazione di Firenze con i suoi riferimenti pasquali, per trarre da essi forza di vita e coraggio di speranza”.