Beni confiscati alla mafia: una legge per utilizzarli e valorizzarli

Al via la proposta di Fondazione Caponnetto e Associazione Sentinelle

Dall’Associazione Sentinelle e dalla Fondazione Antonino Caponnetto, è partita una proposta di legge che ha l’obiettivo di fornire lo Stato di un nuovo strumento per rendere più rapido e definitivo l’utilizzo dei beni sequestrati alla mafia da parte della collettività. Un problema annoso, di cui si trattò anche su queste pagine con l’intervento di Maurizio Pascucci, il referente nazionale per i beni confiscati della Fondazione Caponnetto. Una proposta, quella della Fondazione con l’Associazione Sentinelle, che ha visto la partecipazione di molti parlamentari, fra cui l’ex presidente della commissione parlamentare anti-mafia Giuseppe Lumìa.

Della genesi e delle finalità della proposta ne parliamo con Domenico Bilotta, il responsabile nazionale per le scuole, che si occupa di programmare le varie iniziative che ogni anno
vedono migliaia di studenti partecipare a seminari, ricerche, campagne di iniziativa dell’associazione, al fine di opporsi al dilagare dei disvalori della violenza e delle logiche di sopraffazione, sfruttamento e rapina proprie della mafia. L’Associazione Sentinelle è reduce dalla campagna di individuazione, studio e visite in presenza di alcuni dei beni confiscati alla mafia presenti in Toscana. Una serie di gite e studi che hanno motivato le scuole partecipanti ad avanzare proposte e alternative allo stato in cui giacciono questi beni, sovente abbandonati per motivi spesso burocratici, ma altrettanto spesso per mancanza di fondi dichiarata da parte degli enti pubblici beneficiari. Un nucleo di proposte che è servito come nocciolo per la partenza del disegno di legge che, con l’aiuto di esperti e giuristi, l’Associazione e la Fondazione hanno messo sul tavolo, in attesa di vederlo portare davanti alle commissioni delle Camere.

Domenico Bilotta, storico esponente della Fondazione Caponnetto e da poco vice presidente dell’Associazione Sentinelle di Nonno Nino, ricorda: “Da anni l’associazione e la Fondazione si occupano non solo della formazione delle scuole, ma anche dei beni confiscati in quanto facenti parte di tutto ciò che riguarda il tema dell’antimafia sociale.

Nel 2023. come negli anni scorsi, la Regione Toscana aveva pubblicato un bando che riguardava i beni confiscati. Per noi, dice Bilotta, “è stata l’occasione per produrre una proposta innovativa anche rispetto a quelle, pur estremamente valide, che hanno connotato negli anni passati anche altre organizzazioni come Libera e Arci, costruendo un progetto ad hoc per i beni confiscati. In particolare, abbiamo posto la nostra attenzione sul fatto che, Sebbene da anni si sappia che in Italia esistono oltre 26mila beni confiscati, il 60% di questi non è funzionante”. In altre parole o giace abbandonato, o è in un limbo che di fatto ne impedisce la reintroduzione in una logica dinamica di utilità economica e sociale.

“Nel momento in cui si sottraggono 26mila beni, che è un patrimonio immenso – continua
il rappresentante nazionale per le scuole della Fondazione Caponnetto – alla società civile,
significa fare un favore alla mafia, non contrastarla. Perciò, la nostra proposta è stata quella di mettere a conoscenza del problema, non solo gli studenti, ma i cittadini, le associazioni, gli stessi esponenti istituzionali locali che molte volte non sono neanche consapevoli di avere un bene confiscato sul proprio territorio”.

Senz’altro un’anomalia, in quanto i primi che dovrebbero avere contezza di possedere un bene confiscato alla mafia nella propria disponibilità d’uso, dovrebbero essere senz’altro gli esponenti politici locali. Oltre, naturalmente, ai cittadini.

Da questo è partito quest’anno il progetto “Grand Tour dei beni confiscati” in cui sono stati coinvolti 16 ragazzi dell’Istituto Volta e Gobetti di Bagno a Ripoli, e con loro ci siamo recati a visitare 50 beni confiscati in Toscana. Questi 50 beni non sono stati solo visitati, ma anche scannerizzati, fotografati, abbiamo prodotto rilievi, studi, approfondimenti. Il programma quotidiano del tour consisteva nella visita, ogni mattina della settimana in cui è stata svolta l’iniziativa, di una scuola del territorio dove si trovava il bene confiscato, mettendo a conoscenza di questa presenza i ragazzi e cominciando a sensibilizzarli per trovare soluzioni per come eventualmente utilizzarlo, facendolo ritornare in seno alla comunità. Successivamente, compivamo le visite di uno o più beni del comune e la sera si teneva un incontro pubblico con cittadini, associazioni, amministratori locali per discutere e confrontarsi sui beni. Gli studenti presentavano il lavoro svolto nell’arco della giornata”.

Un vero e proprio seminario sul problema, che ha infine prodotto una corposa relazione, in cui è emerso, fra altre cose, che spesso la presenza di questi beni mette paradossalmente in difficoltà i Comuni, “perché mancano i soldi per poterli ristrutturare e fare in modo che questo immenso patrimonio possa essere utilizzato per finalità pubbliche, da abitazioni popolari a centri Asl a spazi di socializzazione”.

Dunque, la domanda era: come recuperare i finanziamenti? “La Regione Toscana dal canto suo, sia pure con grande sacrificio, investe in tanti territori regionali sulla ristrutturazione. Si tratta tuttavia, pur sempre di soldi sottratti ai cittadini. Abbiamo perciò studiato per presentare una proposta di legge che si basa su altri finanziamenti. Quali? È notizia pubblica che i beni confiscati alla mafia non riguardano solo beni immobili, ma vengono sequestrati anche beni mobili, ad esempio lingotti d’oro. Negli ultimi 5 anni, 36 miliardi di valore, secondo i dati dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Un tesoretto che va a confluire nel Fondo unico per la Giustizia “.

Tirando le fila, la proposta è trasparente: utilizzare una sia pur minima parte dei sequestri di beni mobili mafiosi per ristrutturare e dare nuova vita ai beni confiscati. “Sembra una forma quasi di ricatto: la Fondazione Caponnetto che si mette contro gli investimenti per la Giustizia -dice Bilotta – Si tratta di un’accusa falsa e ipocrita: come la sanità, l’istruzione, ecc, anche la giustizia è un bene pubblico che va sovvenzionato totalmente. Invece i tagli si fanno sempre alla sanità, all’istruzione e alla giustizia. Tuttavia, questi 36 miliardi degli ultimi 5 anni, potrebbero essere investiti, per una piccola parte, per la ristrutturazione dei beni confiscati. Sarebbe un segnale molto forte,che riguarda le modalità con cui la mafia si combatte in concreto, ovvero re-immettendo questi beni nel tessuto economico sociale. Del resto, qualche dubbio che davvero la politica voglia combattere seriamente contro i fenomeni mafiosi, viene senz’altro, quando, scorrendo i programmi dei partiti degli ultimi anni, ci si accorge che nessun partito, a prescindere dalla collocazione nell’arco parlamentare, ha messo fra le priorità la lotta alle mafie”. E neanche la battaglia per l’utilizzo dei beni confiscati, tant’è vero che, continua Bilotta, “mentre nel Pnrr esiste uno stanziamento per i beni confiscati, lo stesso è poi magicamente scomparso in sede applicativa. Non solo: un’altra inaccettabile anomalia è che nel Pnrr è stato sdoganato un sistema secondo cui i finanziamenti finiscono in mano ai palazzinari delle ristrutturazioni”. Ovvero, dice Bilotta, “con il paravento di rifacimenti di facciate ecc, i soldi sono andati ai palazzinari degli anni ’70, quelli del lavoro nero, delle speculazioni edilizie, con la complicità, ancora una volta, delle stesse banche”.

La richiesta rivolta alla Regione Toscana e al presidente Eugenio Giani, è stata quella di ottenere la sala del Teatro della Compagnia, il 16 gennaio, dalle 15 alle 18, dove “presenteremo, ma sarà solo un inizio, l’obiettivo di portare una proposta di legge in merito all’utilizzo dei beni confiscati alla mafia, elaborata da una commissione mista, costituita da parlamentari, esperti, giuristi, dagli studenti del Volta Gobetti, da cittadini, per fare in modo che non solo si giunga alla proposta di legge, ma che l’iter sia anche una grande lezione di partecipazione, formazione e spirito civico”.

La previsione di afflusso per la giornata del 16 gennaio, è quella di 500 studenti e oltre 25 sindaci, con alcuni parlamentari interessati al progetto. La chiave del progetto è riuscire a stabilire per legge che una parte dei beni mobili sottratti alla mafia confluiscano in un fondo ad hoc per le ristrutturazioni.

Intanto, le prime pagine della bozza sono già state inviate ad alcuni esponenti del Parlamento, ma si tratta delle prime battute. Il 16 gennaio al Teatro della Compagnia ci sarà da remoto la presenza di Giuseppe Antoci, mentre in presenza ci sarà Giuseppe Lumia, già presidente della commissione anti-mafia, estensore a sua volta di molti disegni di legge. “Ci saranno stage, approfondimenti nelle scuole, fra i cittadini – conclude Bilotta – e ci aspettiamo la risposta trsversale della politica. Almeno di quella che vuole davvero e seriamente trovare una soluzione al problema mafia”.

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