Firenze – Forse è veramente il giorno del “ritorno”, per Suvignano, il bene simbolo confiscato alla mafia in Toscana, quello che fece capire che la mafia non era un corpo estraneo alla Toscana Felix, ma che la piovra stava allignando nelle sue bellissime terre. Dopo 11 anni, l’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati ha infatti assegnato ieri alla Regione la tenuta di Suvignano in provincia di Siena: o più precisamente il consiglio direttivo dell’agenzia ha deliberato il conferimento delle quote sociali di Agricola Suvignano, con un passaggio di quote gratuito, a Ente Terre regionali toscane, che già si occupa di altre proprietà demaniali o in gestione, fa sperimentazioni in campo agricolo e forestale e tutela e valorizza le risorse genetiche autoctone, bestiame compreso. Successivamente al decreto del direttore dell’agenzia, prefetto Sodan o, verrà sottoscritto congiuntamente un verbale di consegna.
“La Regione gestirà il bene tramite Ente Terre concordando l’utilizzo con i Comuni di Monteroni d’Arbia e Murlo – spiega l’assessore alla presidenza e alla cultura della legalità, Vittorio Bugli – Stileremo infatti con le due amministrazioni un accordo per la costituzione di un tavolo di coordinamento che per i prossimi dieci anni dovrà stabilire linee guida e strategie del piano di sviluppo e poi ne monitoreremo insieme l’andamento. Assieme ai Comuni ci confronteremo anche in sede di tavolo regionale dei beni confiscati, nel quale sono presenti associazioni e istituzioni legate a questa tematica, per concordare le attività sociali da svolgere nella tenuta.”. Ovviamente l’azienda dovrà procedere e sviluppare la sua attività agricola.
Vittoria della legalità, ma anche una straordinaria occasione di promozione economica del territorio, spiega l’assessore all’agricoltura Marco Remaschi, che aggiunge: “L’azienda può diventare un volano per l’economia di tutta l’area”. Sarà proseguita l’attività agricola, ma saranno sviluppate anche iniziative sulla legalità e l’antimafia. E magari si potranno creare posti di lavoro.
Soddisfatti naturalmente pure i Comuni dove la tenuta si sviluppa. Anche loro stamani erano alla conferenza stampa a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze.- “Oggi per noi, per Monteroni e per l’Italia che non piega il capo, è una data storica – commenta il sindaco Gabriele Berni – Abbiamo firmato un accordo che attendevamo da anni, lo attendeva tutta la comunità della val d’Arbia e tutti coloro che hanno a cuore la legalità e la lotta contro la mafia”. “Abbiamo ricucito una ferita che si era aperta nel 1983 – aggiunge – . Questa amministrazione in questi anni si è adoperata ad ogni livello per la costruzione di un quadro normativo che ci potesse far arrivare a questo primo traguardo” .
La storia.
Sono passati undici anni da quando nel 2007, con la condanna passata in giudicato, la confisca della tenuta di Suvignano è diventata definitiva. Si è rischiato ad un certo momento, anni fa, che la tenuta fosse messa all’asta, con il rischio che potesse tornare alla mafia attraverso prestanomi. Ora finalmente è arrivata l’assegnazione alla Regione, che la gestirà concordandone l’utilizzo con i Comuni. Da tempo Regione ed amministrazioni comunali avevano presentato un progetto per quella proprietà che conta diciassette coloniche e 21 mila metri quadri tra immobili e magazzini, una chiesetta di fianco all’edificio principale, una colonica di pregio e 713 ettari di terreno, 685 nel comune di Monteroni e 18 in quello di Murlo. C’è pure un agriturismo, funzionante, con la via Francigena che passa lì vicino. Un’oasi di pace in mezzo alle colline senesi, con una vista nelle giornate terse fino all’Appennino. Il cuore dell’attività rimane ed è rimasto comunque in tutti questi anni di gestione conservativa – quattro dipendenti e il resto stagionali – la coltivazione dei campi: grano ed erba per il foraggio per lo più, qualche olivo ed un centinaio di ettari di bosco, pecore sarde con il loro allegro scampanellare, maiali di cinta senese e, portati a suo tempo dalla Sicilia, anche alcuni cavalli ‘sanfratello’ e ciuchi di Ragusa, i più amati dai bambini che visitano la fattoria scolastica.
Il sequestro ad un imprenditore in odor di mafia
La storia giudiziaria della tenuta inizia con il giudice Giovanni Falcone, che nel 1983 sequestra l’azienda una prima volta all’imprenditore palermitano Vincenzo Piazza, sospettato di aver rapporti con Cosa Nostra. Il costruttore siciliano ne rientra successivamente in possesso. Tra il 1994 e il 1996 arriva il secondo sequestro, assieme ad un patrimonio di ben duemila miliardi di vecchie lire affidato alla gestione di un amministratore giudiziario. Poi, nel 2007 appunto, la condanna e la confisca definitiva.
Confische in Toscana
Suvignano rappresenta uno di quei buchi neri che sempre più stanno aprendosi anche in Toscana, il volto di una mafia che da tempo non è più quella confinata in Sicilia, ma quella che fa affari nel mondo e che nella campagna senese aveva investito parte dei suoi guadagni illeciti. La stessa cosa ha fatto altrove in Toscana, come l’ndrangheta ed altre associazioni criminali, acquistando alberghi ed appartamenti, negozi, a volte anche semplici edicole di giornali, bar oppure aziende più strutturate. Sono 117 in questo momento i beni confiscati assegnati definitivamente (due aziende e il resto unità immobiliari). Ora si aggiunge la tenuta senese. Ottantasei erano stati trasferiti a Comuni e ad altri enti, quindici sono quelli rimasti nella disponibilità dello Stato, tredici sono stati venduti. Altri 390, tra cui cinquantadue aziende, sono beni ancora provvisoriamente in gestione all’Agenzia nazionale, di cui solo una parte in attesa di sentenza definitiva. C’è un evidente ritardo, che però negli ultimi due anni ha visto un recupero grazie anche all’accelerazione impressa in concomitanza con il cambio al vertice dell’agenzia.
“La mafia – si sofferma Bugli – circola in Toscana e sono 78 i clan che hanno avuto o hanno proiezione criminale nella regione”. I numeri sono quelli del secondo rapporto sulla criminalità organizzata presentato a settembre e che la Regione ha commissionato alla Scuola Normale di Pisa, bussola utile per acquisire consapevolezza dei segnali di infiltrazione. Negli ultimi tre anni si sono contati 223 arresti con aggravante mafiosa: sono pochi (ancora) i casi da 416 bis, ma c’è un’impennata per quanto riguarda il reato di favoreggiamento e di riciclaggio.