Domani sera al Dragon Film Fest sarà presentato in anteprima italiana il terzo film della sezione continentale della rassegna, “Beijing Flickers” del regista Zhang Yuan, con protagonista l’attrice Li Xinyun, storia di un giovane, San Bao, alle prese con una serie di sventure (viene lasciato dalla fidanzata, licenziato, sfrattato dal suo appartamento e abbandonato dal suo cane) che lo porteranno ad incontrare personaggi eccentrici e tormentati quanto lui, sullo sfondo di una Pechino caotica e indifferente.
La pellicola è una favola di disperazione su cui si staglia la skyline di una città spietata contro cui è impossibile vincere. Pechino viene mostrata dal regista Yuan come una sorta di metafora del cannibalismo capitalista che la Cina sta affrontando, una città famelica e crudele che divide sempre più le classi disagiate da quelle più ricche. Il suo diventa così Un apologo su di un gruppo di perdenti incapaci di vivere la propria vita nelle strade di Pechino ma al contempo incapaci di tornare alle loro case per paura del giudizio genitoriale. Un vero e proprio ritratto della Cina continentale in bilico tra un galoppante sviluppo economico e un’altrettanto estrema povertà e perdita di valori.
Il regista Zhang Yuan, attivo da oltre vent’anni, esordendo nei primi Anni Novanta, è considerato uno dei principali artefici del movimento della “Sesta generazione” di registi cinesi emersi proprio in quegli anni dopo le proteste di Piazza Tienanmen (1989). Questi giovani registi furono i diretti discendenti del movimento della “Quinta Generazione” caratterizzato da una forte componente innovativa ma incapace in seguito di strutturarsi in un vero e proprio movimento.
Nel suo film presenta una generazione allo sbando, esistenzialmente precaria. Sono sentimenti comuni a tanti giovani in questo momento storico. Visto che lei non è originario di Pechino ha sentito lo stesso smarrimento quando si è trasferito?
Io sono andato a vivere a Pechino quando ho fatto l’Università, ma non ho conosciuto i disagi dei miei protagonisti, anche se le loro storie sono reali. L’idea del film è infatti nata da una mostra fotografica organizzati da un gruppo di giovani ragazzi che raccontavano in prima persona le difficoltà della vita a Pechino. Dopo averli conosciuti e aver sentito le loro storie ho deciso di intervistare altri giovani per conoscere le loro storie. In soli due giorni abbiamo fatto quasi trecento interviste tra le quali ne abbiamo scelte dieci che abbiamo inserito direttamente nel film. Con il mio film volevo raccontare la Pechino vera, quella che non si vede all’estero. Quando si parla di Cina si sentono solo discorsi sull’economia e sullo sviluppo ma mai su queste situazioni emarginate e difficili che però sono all’ordine del giorno per una larga parte della popolazione.
Come è nata la decisione di avere un protagonista diegeticamente muto (figura che ritorna in molto cinema dell’Estremo Oriente) ma che ci accompagna sempre con la sua voce fuori campo?
Esiste un detto cinese che dice “nella vita ha molto più valore stare in silenzio piuttosto che parlare”. Il personaggio di San Bao quando esce dall’ospedale ha la possibilità di parlare ma decide di non farlo. Il suo è un discorso morale ed etico, per tutta la durata del film è come se si domandasse “anche se parlo cosa potrebbe cambiare nella mia vita?”. Attraverso questo personaggio volevo seguire il percorso di qualcuno che non ha la possibilità di esprimersi normalmente nei rapporti di tutti i giorni.
Il Dragon nasce dall’unione dell’Hong Kong Film Panorama (rassegna che presentava agli spettatori di Firenze una selezione di opere provenienti dal Festival di Hong Kong e che per quattro anni ha fatto tappa a Firenze) con una selezione di film dello Shanghai International Film Festival, rappresentativa della produzione cinematografica della Cina Continentale. La manifestazione è organizzata da Quelli della Compagnia Fst (per Regione Toscana), l’Hong Kong Economic and Trade Office di Bruxelles e Riccardo Gellidella Florence Eurasia Association (noto al pubblico fiorentino come direttore del Florence Korea Film Fest) e con il patrocinio dell’Ambasciata di Roma e il Consolato di Firenze della Repubblica Popolare Cinese.