Firenze – E’ la Cgia di Mestre a fare “due conti” e a dare la somma: e la somma è che il cliente italiano è il più tartassato in Europa. Da chi? Dalle banche. E’L’ufficio studi dell’associazione a mostrare dati e tabelle: così, emerge che nel 2015 l’incidenza percentuale delle commissioni nette sui ricavi delle banche italiane (pari al 36,5 per cento) è stata la più elevata d’Europa: in Francia la quota si è attestata al 32,9, in Austria al 27,5, in Germania al 26,2 e nei Paesi Bassi al 17 per cento.
Se l’anno scorso i ricavi netti derivanti dalle commissioni bancarie hanno sfiorato i 30 miliardi di euro, quasi 5 miliardi in più rispetto al 2008, l’Uffcio studi della Cgia segnala anche che fra il 2008 e il 2015, l’impennata italiana sui costi dei conti correnti, delle carte di credito e degli altri servizi bancari, non ha avuto rivali nel resto d’Europa. I numeri sono numeri; così, se in Italia l’incremento è stato del 20 per cento, nel Regno Unito si è fermato all’11,5 per cento, in Francia all’ 11,1 per cento, in Spagna al 6,5 per cento, mentre in Germania (-4,6 per cento), in Belgio (-7 per cento) e soprattutto nei Paesi Bassi (-27 per cento) c’è stata una forte diminuzione.
Il senso della situazione lo riassume il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo: “Se teniamo conto che con la crisi economica sono cresciute a dismisura le sofferenze in capo alla clientela e la contrazione dei tassi di interesse ha ridotto ai minimi termini i margini di redditività delle nostre banche, queste ultime, appesantite da costi fissi ancora troppo elevati hanno ritenuto più conveniente ridurre gli impieghi, e quindi i rischi, e aumentare i ricavi dalle commissioni sui conti correnti, sui servizi bancomat/carte di credito, i servizi di incasso/pagamento e dalle attività extra creditizie, come la vendita di titoli, valute e strumenti di capitale”.
Se poi si incrociano i dati, alcune apparenti contraddizioni fanno la spia sul reale andamento della situazione bancaria italiana. Partendo dall’inizio della crisi, 2008, per giungere al 2015, i ricavi netti degli istituti di credito italiani da operazioni di prestito sono diminuiti di 13 miliardi (-25,3 per cento), ma l’incasso ascrivibile alle commissioni nette è aumentato di 4,9 miliardi (+ 20 per cento) e quello relativo alla voce altri ricavi netti (costituito prevalentemente da attività assicurative o di negoziazione di titoli, valute e strumenti di capitale) è salito di 11 miliardi (+ 556,5 per cento).
Incidono anche, dice Cgia, sebbene in continua diminuzione, “i costi strutturali del nostro sistema bancario che rimangono i più elevati d’Europa. Se si calcola l’incidenza delle spese operative (riconducibili al costo del personale, alle tasse, alla gestione degli immobili, a quelli generali di funzionamento, etc.) riferite al 2015 (pari a 52,4 miliardi di euro), sul totale delle attività (che al 31 dicembre 2015 ammontavano a 2.723 miliardi di euro), il risultato si attesta all’1,93 per cento. Dato nettamente superiore a tutte le quote percentuali riferite alle prime 10 economie bancarie presenti nell’Unione europea”.
Un consiglio sulle strategie da adottare? A questo proposito interviene il segretario della Cgia Renato Mason: “In primo luogo bisognerà perseguire uno sviluppo economico meno bancocentrico, anche attraverso l’attuazione di politiche pubbliche di sostegno alle imprese, abbassando i costi energetici, favorendo gli investimenti infrastrutturali, riducendo le tasse, tagliando il cuneo fiscale e incentivando l’internazionalizzazione della nostra economia. In secondo luogo, però, sarà necessario rassicurare gli istituti di credito dal raggiungimento di requisiti patrimoniali eccessivi in modo da rimettere in moto il flusso di denaro verso le imprese, in particolare per le piccole. Inoltre, le banche dovranno ritornare a gestire i propri bilanci con rigore e sobrietà, recuperando la fiducia dei risparmiatori che in questi ultimi anni si è affievolita”.