Cinquanta licenziamenti o, in alternativa, tagli drastici a stipendi con tanto di demansionamento. Non si può proprio dire che sia iniziato sotto i migliori auspici il confronto tra sindacati del comparto bancario e delegazione del gruppo Intesa Sanpaolo. Pomo della discordia, la situazione economica di Banca Monte Parma e le relative ricadute su costi e dipendenti. L’idea di fondo dei vertici aziendali è quella di risparmiare circa tre milioni di euro.
I sindacati (Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil e Uilca) parlano di “un gravissimo atto da parte di Intesa Sanpaolo – Banca Monte Parma. Un fatto senza precedenti. Gravissimo per le lavoratrici e per i lavoratori, per il territorio, per tutto il settore. Fatto che, se non contrastato adeguatamente, costituirebbe una pesante ipoteca imposta da Abi sul rinnovo del contratto nazionale”.
I sindacati scrivono in una nota – nessun commento, finora, da parte di Intesa – che “il Gruppo Intesa Sanpaolo, senza peraltro fornire nessun progetto di riorganizzazione e ristrutturazione, ha formulato una proposta irricevibile: o i licenziamenti, attraverso l’utilizzo della cosiddetta “Sezione Emergenziale” del Fondo di settore (due anni di ammortizzatore sociale e poi perdita del lavoro), per almeno 50 persone che, a loro dire, sarebbero in esubero; oppure una serie di tagli inammissibili, quali: la riduzione delle tabelle retributive nazionali del contratto nazionale di lavoro; il demansionamento professionale, con la corrispettiva riduzione dei trattamenti economici legati agli inquadramenti; la sospensione dell’attività lavorativa, senza copertura del Fondo di Solidarietà e senza versamento della contribuzione previdenziale; la cancellazione definitiva delle voci individuali di stipendio relative ai trattamenti aziendali; l’accorpamento del fondo pensioni dei lavoratori nel fondo pensioni di gruppo”.
Proposte che sindacati e lavoratori hanno giudicato irricevibili, al punto da respingere le proposte di Intesa con voto unanime annunciando imminenti azioni di protesta. La vertenza arriva a nemmeno due anni di distanza dall’accordo sindacale del 2012 quando – in corrispondenza con l’arrivo di Intesa – gli annunciati tagli di personale furono evitati con un sacrificio economico allargato a tutti i dipendenti.