Ballo in Maschera: grande musica nello scatolone della Cavea

Firenze – Neppure il petardo fatto esplodere nei dintorni da qualche tifoso felice per la vittoria viola a Lecce ha potuto rompere la magia di un’opera-concerto per la prima volta eseguita nella Cavea del teatro del Maggio.

Come del resto il tramonto roseo sulle colline e l’aria fresca e tersa del dopo temporale ha reso naturale e credibile persino “la rivedrò nell’estasi, raggiante di pallor”, uno degli ossimori del libretto di Antonio Somma che hanno fatto sorridere generazioni di melomani.

Un’esperienza del tutto inattesa quella di assistere al Ballo in Maschera sul tetto di un teatro senza sipario, costumi e azione drammatica, e uscire giulivi e contenti esattamente come se avessimo visto pugnalare il Conte di Warwick nel fervore di una festa secentesca.

Nonostante le proverbiali forzature linguistiche del libretto (ma anche grazie alla fantasia letteraria di Somma), l’opera è una delle più riuscite di Verdi, come intreccio noir nazional-popolare (corna, streghe, vendetta, assassinio), e come rapporto espressivo fra parole e musica. L’averla proposta utilizzando per la prima volta quella specie di scatolone sospeso nell’aria ha aggiunto un di più alla immaginazione fantastica degli spettatori che probabilmente hanno fatto ricorso a esperienze di messinscena passate per visualizzare la vicenda.

Aggiungeteci  uno dei migliori cast di cantanti (Francesco Meli, Riccardo; Carlos Alvarez, Renato; Krassimira Stoyanova, Amelia; Judit Kutasi, Ulrica e tutti gli altri) con voce a prova di open air, un direttore di grande professionalità verdiana come Carlo Rizzi e un’orchestra e un coro del Maggio che, metteteli anche sott’acqua, sono in grado di produrre un suono compatto  e meravigliosamente pulito.

Nessun problema di acustica nella cavea, in basso e in alto (forse più in alto è addirittura migliore). Certo bisogna scontare qualche interferenza esterna (il petardo, l’aereo che scende verso Peretola, un paio di ambulanze), ma nulla ha rotto veramente la partecipazione emotiva degli spettatori. L’alternarsi delle scene e delle situazioni è stato  suggerito da qualche buona idea registica: coro maschile a sinistra, coro femminile a destra, protagonisti che entrano ed escono dalla scena secondo le indicazioni librettistiche.

Rizzi ha dovuto sbracciarsi molto per farsi vedere dal coro, e così ci ha messo del suo nel sottolineare i passaggi più drammatici della vicenda ambientata nel New England.

Come episodio del “nuovo inizio” della vita culturale fiorentina (Cristina Giachi, vicesindaco) una serata riuscita, anche se forse il sovrintendente Pereira potrebbe in futuro stabilire una fascia di prezzo loggionistica per i gradoni più alti della cavea.

Anche sabato 18 luglio alle ore 21

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