Autoritratto dell’immondizia

Dall’homo habilis alla Seconda Repubblica

Alberto Biancardi

Lorenzo Pinna, giornalista e divulgatore scientifico, con collaborazioni che spaziano da ‘La Stampa’ a ‘Limes’ e ‘Quark’, è persona poliedrica. Questa caratteristica è pienamente rispecchiata nel suo libro, edito da Bollati Boringhieri, “Autoritratto dell’immondizia – come la civiltà è stata condizionata dai rifiuti”.
Protagonista dell’opera, viene specificato in apertura, è la città pestilenziale, che “ha attraversato quasi diecimila anni di vicende umane e che pochi conoscono. Un protagonista oscuro, non del tutto gradevole e, in molti casi, terribile”.
“La città pestilenziale non è una città particolare, collocata in una certa epoca o in una certa regione geografica”, ma è “la condizione di ogni agglomerato urbano, dal suo primo apparire, all’alba della civiltà’ fino agli ultimi decenni del XIX secolo. ‘Una condizione causata da due fattori principali: 1) la totale ignoranza del mondo invisibile dei batteri, protozoi e virus, del loro possibile modo di trasmettersi e della loro possibile azione patogena sul corpo umano; 2) un’attenzione molto scarsa, e spesso inesistente, a dove finissero i rifiuti e i liquami prodotti da concentrazioni urbane sempre più affollate”.

Pinna, con uno stile per niente superficiale, ci accompagna nel lungo cammino che, partendo dall’homo habilis, antenato dell’homo sapiens e la cui presenza sulla Terra può essere fatta risalire a circa due milioni di anni fa, giunge alla seconda metà dell’Ottocento e, in particolare, alle grandi opere fognarie che consentirono, a breve distanza temporale una dall’altra, a Londra e a Parigi di sconfiggere la città pestilenziale. Solo allora, infatti, si riuscì a bloccare la trappola malthusiana, costituita dalle malattie e dalle epidemie, ma anche dal puzzo e dalla sporcizia, che ostacolavano pesantemente e, molto spesso, impedivano, un pieno sviluppo della civiltà umana.  Fino a tale momento, lo stesso vivere in comunità e in città era reso spesso insostenibile: la dinamica demografica veniva garantita dalle aree extra urbane, mentre quelle cittadine erano in equilibrio precario e presentavano saldi spesso negativi.
La descrizione del lungo processo di liberazione dalla città pestilenziale è costellata di dati, analisi e divertenti aneddoti e parallelismi. Il lettore può trovare intrecciati fra loro elementi di storia economica, di storia della medicina e delle tecnologie, nonché di tante altre discipline. Nella stessa pagina capita di trovare citazioni di Robert Lucas, premio Nobel per l’economia nel 1995 e uno dei padri delle “aspettative razionali”, e di Trilussa. Il Decamerone e Il Milione si alternano a riferimenti tecnici ingegneristici e a descrizioni del sistema normativo dei settori dei rifiuti e dell’acqua. Leggendo ‘Autoritratto dell’immondizia’ si apprende la data di nascita del WC (1775, anche se tracce sono presenti fina dal 2600 a.C.), oppure che i topi sono originari del Sud est asiatico (forse della Malesia) o quando sono stati messi a punto per la prima volta gli occhiali da presbite. Tutte informazioni scritte con precisione e senza annoiare.

Il libro di Pinna riesce anche a fare indignare. Questo avviene nella seconda parte, che non è contrassegnata precisamente nell’indice o nei capitoli, ma che – almeno a mio avviso – inizia con la descrizione dell’inchiesta che uno studioso liberale, Leopoldo Franchetti, condusse nel 1876 sulle “Condizioni politiche a amministrative della Sicilia”. Da questo punto in poi, infatti, l’analisi è in gran parte dedicata all’Italia, con istantanee su precisi momenti e fatti storici, ma anche rapidi salti, che ci portano fino alla Seconda Repubblica e alla situazione attuale dei rifiuti a Napoli. Non che prima non si parli di Italia (o di Roma antica, dell’etá dei comuni e di altri eventi o momenti storici che hanno visto il nostro Paese protagonista). Tuttavia, se fino a quel punto l’Italia è spesso paradigma positivo (ovviamente, con più di una eccezione), nella seconda parte, purtroppo, diventa – sempre nonostante alcuni aspetti e momenti positivi – un caso paradigmatico di occasioni perdute e di corsi e ricorsi storici che illustrano la nostra incapacità di lasciarci alle spalle completamente la città pestilenziale.

Infatti, la vittoria sui rifiuti che la civiltà occidentale ha conseguito nella seconda metà del diciannovesimo secolo è stata in primo luogo la vittoria su quelli che nel libro vengono definiti micro-predatori: batteri, protozoi e virus.
Tuttavia, questo evento ha coinciso, non casualmente, con una sconfitta nelle aree più avanzate del Pianeta anche dei macro-predatori, o per lo meno, con una riduzione dell’intensità e del loro raggio di azione. Pirati, barbari, e con questi le classi dominanti non produttive, che nel passato hanno tratto alimento e sostentamento dal resto dell’umanità – debilitando la preda, ma non uccidendola, in quanto ciò sarebbe stato contrario al loro stesso interesse – hanno avuto maggiori difficoltà di azione con il diffondersi del benessere, della tecnologia e del progresso scientifico.

In un certo qual modo, la tecnologia e la scienza non sono state solo la base della sconfitta dei rifiuti e del puzzo, ma anche della vittoria della democrazia occidentale come la intendiamo oggi (chiedendo scusa a Lorenzo Pinna per le semplificazioni e le estremizzazioni della sua analisi).

Fin dagli anni appena successivi all’unità di Italia, appare chiaro che alcune istituzioni e alcuni comportamenti sono di difficile introduzione nel nostro Paese. Nonostante la tecnologia metta a disposizione quanto serve per il salto di qualità nella gestione dei rifiuti, dell’acqua, nonché in altri campi del vivere civile, l’Italia fatica a decollare e quando lo fa non riesce a farlo in modo omogeneo in tutto il suo territorio.

Il latifondo degli ultimi decenni del diciannovesimo secolo a cui fa riferimento Leopoldo Franchetti non è molto distante dalla camorra che, agendo come macro-predatore, impedisce lo sviluppo di molte aree della Campania dei giorni nostri.

Pinna vede un filo rosso “anticapitalista” in queste azioni. L’analisi che ci offre è molto ben documentata. Al di là della condivisione o meno dei singoli punti, quello che colpisce è il parallelismo di molti comportamenti attuali con quelli di cento o di cento-cinquantanni fa. Fra tutti gli esempi, l’azione dei Governi precari che devono incassare – ora e allora – voti equivoci espressi dagli interessi che impediscono la pulizia di Napoli. Oppure, l’uso e il silenzio sulle informazioni riguardo alla reale situazione dei rifiuti in Campania. Nel frattempo, molti slogan semplicistici utilizzati dalle opposizioni di turno non riescono a produrre un vero cambiamento. Fulminante la citazione della frase di Henry Louis Mencken a riguardo: per ogni problema complesso è sempre possibile trovare una spiegazione chiara, semplice e sbagliata.

In tal modo, ci si indigna contro il nucleare quando, stando ai dati forniti da Pinna, “c’è il forte sospetto che certe zone della Campania siano più pericolose di Chernobyl“. E la lista di slogan male focalizzati e di occasioni perse è lunga…

Eppure, in molti casi si tratterebbe di percorrere le strade tracciate e seguite all’estero (o nella stessa Italia) da tempo. Nello smaltimento dei rifiuti e nella gestione del ciclo idrico, ma anche nella definizione dei contratti e delle procedure di appalto, ecc. La rete fognaria costruita da Balzalgette nella seconda metà dell’Ottocento costerebbe, in termini attuali, quanto i costi sostenuti dall’erario per non risolvere il problema dei rifiuti in Campania.

Lo spreco di questi fondi per Pinna è un vero e proprio tradimento della modernità.

Il cerchio da spezzare è quello che, riprendendo un termine usato da molti studiosi (Pinna cita The Central Liberal Truth di L. E. Harrison), è definibile come “corruzione di massa“. Tale è la situazione nella quale oggi si trovano la Campania e altre zone del nostro Paese e del nostro vivere civile. La tassa incassata, in misura differenziata ma da molti individui, blocca il cambiamento, perché ritenuta tale da soddisfare le miopi esigenze correnti della collettività nel suo insieme.  Intanto, ad esempio, il rischio di tumori e di malformazioni neonatali nelle zone più colpite dalle discariche abusive è di circa il 10 – 15 punti percentuali più elevato che nel resto di Italia.

La città pestilenziale torna in grande stile, sempre ammesso che se ne sia andata…

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