Il fondo in Via Rocca Tedalda non è un semplice spazio per riunioni di qualche movimento ai margini della politica: negli anni è diventato un luogo di incontro per gli abitanti del quartiere di ogni età che hanno contribuito alla sua ristrutturazione. Negli anni novanta è stato recuperato grazie alla disposizione del Comune – firmata dall'allora Assessore alla casa Tirelli – che ne prevedeva l'autogestione a carico degli assegnatari degli alloggi comunali. "C'è chi ha imparato a fare il muratore, qui dentro", spiegano gli occupanti mostrando la pavimentazione in mattonelle e le pareti dipinte.
Tutti i lavori sono stati eseguiti a carico loro che, tra i materiali e la manutenzione, a un certo punto non sono più riusciti a pagare l'affitto di 190 euro al mese: qui è cominciata la lotta con le autorità. A un anno e mezzo fa risale il primo sfratto. Tuttavia le persone del quartiere hanno deciso di tenersi il fondo lo stesso, perché in questi anni ha rappresentato uno dei pochi centri di aggregazione e di confronto nella zona: vi sono stati organizzati eventi tematici, feste, iniziative per bambini, sportelli informativi, tutto in pochi metri quadrati arredati via via con ciò che capitava, ma con cura.
"Gli spazi sociali hanno ragione di esistere", osserva una ragazza, "non è giusto dover pagare per fare socialità". Soprattutto in zone dove non si fa niente per creare questa socialità, anzi la si mortifica, come se ognuno dovesse restare serrato in casa propria o entro confini prestabiliti. Ne è un esempio il campo da calcio inaugurato da poco all'entrata del fondo, il "Solliccianino", come lo chiamano qui: una rete aperta solo da un lato che sembra una gabbia fatta per contenere bambini pericolosi. Ma i pericoli sono da ricercarsi proprio in quella stessa struttura, costruita con fil di ferro attorcigliato ai pali all'altezza del viso; qualcuno dice che sarebbe stato più semplice ristrutturare il campino "Menabrea" a duecento metri di distanza invece di costruirne uno nuovo. In ogni caso, le persone della zona avvertono l'assenza e il disinteresse delle autorità comunali di fronte ai loro bisogni.
"Questo fondo esiste da prima che Nardella venisse a studiare a Firenze", osserva un occupante, "non conosce i nostri problemi". È la terza volta che vengono cambiate le serrature alla porta d'ingresso. L'ultima, stanotte, è stata accompagnata da un cartello scritto a mano sul retro di una busta e privo di timbro che invitava a rivolgersi a un numero di telefono della direzione patrimonio per il ritiro dei beni all'interno dello spazio. Ma gli abitanti non hanno intenzione di mollare.