Roberto Fieschi
A scuola abbiamo imparato varie cose sul sistema solare, di cui la nostra Terra fa parte: Il Sole, la stella che ci illumina e ci riscalda, al centro; intorno otto pianeti (Plutone è stato degradato a pianeta nano) che si muovono su orbite ellittiche secondo le leggi di Keplero, e poi i satelliti di questi pianeti, fra cui la nostra Luna, e gli anelli di Saturno, e le comete.
Lo scenario è ancora più ricco: si sono scoperti anche gli asteroidi, corpi celesti simili per composizione a un pianeta terrestre (ossia composto per lo più di roccia) ma più piccolo e generalmente privo di una forma sferica .

Il primo asteroide fu scoperto il nel 1801 dall’astronomo Piazzi e venne battezzato Cerere. La grande maggioranza di essi orbita in una fascia compresa tra le orbite di Marte e di Giove.
Gli asteroidi composti per la maggior parte di ghiaccio sono conosciuti invece come comete.
E poi ci sono anche i meteoroidi che, a quanto capisco, sono dei “piccoli” asteroidi, generati dagli scontri fra asteroidi. Quando entrano nell’atmosfera i meteoroidi si riscaldano fino a emettere luce, formando così una scia luminosa chiamata meteora o stella cadente. . Ogni anno si stima che il numero di rocce che cadono sulla Terra delle dimensioni di una palla da baseball o più si aggiri sui 500.
Le meteoriti più grosse possono colpire il terreno con forza considerevole, formando così un cratere meteoritico (o cratere da impatto). Il Meteor Crater, è il più famoso del mondo; situato in Arizona, negli Stati Uniti; è largo circa 1200 metri, profondo 170 ed è stato generato circa 50000 anni fa

Gli astrogeologi hanno stimato che durante gli ultimi 600 milioni di anni, la Terra sia stata colpita da 60 oggetti astronomici con un diametro di 5 km o anche di più.
Un asteroide cade sulla Terra a una velocità compresa tra 40.000 e 60.000 km/h; se pesa più di 1.000 tonnellate, l’atmosfera non lo rallenta in modo significativo, ma se è più piccolo può essere rallentato notevolmente dalla frizione con l’aria
Oltre 3 miliardi di anni fa un gigantesco asteroide con un diametro compreso tra 40 e 60 km, cioè da quattro a sei volte e mezza l’altezza dell’Everest, colpì il nostro pianeta.
Una delle più grandi estinzioni di massa che ha colpito la vita sulla Terra è stata l’estinzione del Permiano-Triassico con la quale furono estinte il 90% di tutte le specie allora viventi sulla Terra e con cui termina il periodo Permiano, 250 milioni di anni fa; la vita sulla Terra impiegò 30 milioni di anni per riprendersi.
L’asteroide che 65 milioni di anni fa colpì la Terra in quello che è ora il Golfo del Messico e che contribuì a spazzare via i dinosauri; si presume che avesse un diametro di 10 chilometri.
.Il 15 febbraio del 2013 un asteroide di circa 15 metri di diametro e una massa di 10.000 tonnellate ha colpito l’atmosfera alla velocità di 50.000 km/h e si è frantumato alcune decine di km sopra la città[ di Čeljabinsk, in Russia, sviluppando un’energia equivalente a quella di un’esplosione di 50 volte quella rilasciata dalla bomba di Hiroshima. Nell’evento all’incirca 1000 persone sono rimaste ferite, principalmente per le schegge dei vetri esplosi per l’onda onda d’urto.
L’evento di Tunguska, avvenuto nel 1908, è consistito di un’esplosione nell’alta atmosfera di un frammento della cometa Encke, che liberò un’energia pari a circa 300 volte Hiroshima, spianando 2000 km quadrati di taiga nella Siberia orientale¸l’esplosione venne percepita anche a mille chilometri di distanza.

Negli ultimi due decenni si è sviluppata, quasi esclusivamente negli Stati uniti, la preoccupazione per i potenziali impatti di asteroidi killer.
Nel 1998 il Congresso ha stanziato 4 milioni di dollari per la ricerca di questi oggetti celesti, per il potenziamento dei telescopi a terra e lo sviluppo dei satelliti NEO Wise; la cifra è cresciuta fino a quintuplicarsi nel 2012 (Time, 9 giugno 2014).
Incaricato della missione è il Near Earth Object Program Office (o JPL, Jet Propulsion Laboratory), che sta seguendo oltre 600000 asteroidi; questi vengono individuati e seguiti nelle loro traiettorie da tre telescopi che stanno in Arizona,Nuovo Messico e Hawaii. Da questi, i dati raccolti vengono inviati al Minor Planets Center di Cambridge, Mass., dove vengono stimate le dimensioni e le traiettorie; infine i risultati passano al JPL e a un gruppo di astronomi dell’Università di Pisa, che stimano la probabilità delle future possibili collisioni con la Terra.
Un asteroide potenzialmente pericoloso deve misurare140 metri e passare entro 7,5 milioni di chilometri dalla Terra; finora ne è stati individuati quasi 1500. L’obiettivo è di prevedere la loro traiettoria nei prossimi cento anni.
Nel frattempo si sta valutando che misure si possono prendere nel caso che si preveda che uno di essi possa incontrare la Terra. Una delle possibilità è il lancio di un missile che esploda in prossimità dell’asteroide, frantumandolo, ma questa non sembra una opzione buona, perché i frammenti potrebbero comunque causare una catastrofe. Una soluzione migliore sarebbe colpire l’asteroide con un veicolo spaziale massiccio, in modo da modificare, anche di poco, la sua traiettoria, così da evitare il futuro impatto con la Terra.
Poiché il problema è, evidentemente, di interesse internazionale, gli Usa chiedono che altri stati collaborino alla soluzione. Quasi in risposta a queste preoccupazioni, nel febbraio di quest’anno, per la prima volta, i rappresentanti dell’ESA e delle agenzie spaziali di tutto il mondo si sono riuniti in una task force per affrontare il problema. Esperti provenienti da tutto il mondo ne hanno parlato a Roma dall’8 al 10 maggio nel corso della International Space Conference.
Spazzatura spaziale
Ma, da qualche decina di anni, c’è altro nello spazio intorno a noi. Oggetti creati dall’uomo, scarsamente pericolosi per il loro impatto con la Terra, ma comunque in grado di fare danni: si tratta dei detriti spaziali, gli stadi dei razzi, frammenti di satelliti, materiale espulso dai motori dei razzi.
– George Clooney e Sandra Bullock, con il film Gravity hanno reso famoso il problema
L’avventura spaziale dell’uomo è iniziata nel 1957, quando l’allora Unione Sovietica lanciò lo Sputnik, il primo satellite artificiale. Da allora sono stati messi in orbita oltre 4.000 satelliti. Con tutto questo traffico in cielo, non è sorprendente che sia rimasta un po’ di “spazzatura” in orbita.
La maggior parte “brucia” al rientro nell’atmosfera. Tanto maggiore è l’altezza a cui orbita il detrito, tanto più rimarrà in orbita. La spazzatura spaziale che si trova in orbita più bassa di 600 Km normalmente cade sulla Terra entro pochi anni, mentre se si trova oltre i 1.000 Km di altezza può restare in orbita oltre un secolo.
I detriti spaziali sono aumentati negli ultimi anni, diventando un problema per la possibilità di collisioni con satelliti attivi e con le missioni spaziali. Lo scontro con anche piccoli detriti, infatti, può essere distruttiva a causa dell’alta velocità.
Nel 2006, per esempio, la collisione tra un minuscolo frammento di spazzatura spaziale e un satellite lasciò senza televisione alcune zone delle Russia orientale. E nel 2009 uno scontro tra un satellite russo in avaria e uno americano causò la formazione di una nuvola di 2.000 detriti metallici.
La maggior parte della spazzatura spaziale è concentrata lungo orbite basse. Per tracciarli si usano sia i sensori radar che ottici, come i laser, tuttavia, determinare con precisione le orbite è molto difficoltoso.
Nel 2009 erano stati individuati circa 20000 detriti di dimensione superiore a 10 cm e 500.000 quelli compresi tra 1 e 10 cm e si stimava in decine di milioni quelli di dimensione inferiore ad 1 cm. Visto che nel prossimo decennio saranno mandati in orbita più di 1.000 satellite, la situazione è destinata a peggiorare.
Attualmente, si stanno studiando sistemi di “pulizia orbitale”; una soluzione potrebbe arrivare dall’Agenzia di Esplorazione Aerospaziale Giapponese (Jaxa), che ha costruito un satellite dotato di una rete elettromagnetica in grado di catturare i rifiuti spaziali.
All’Università di Pisa, anni fa, lavorava a questo problema Paolo Farinella, un brillante ricercatore, membro anche del consiglio scientifico dell’Unione Scienziati per il Disarmo.
Se ne è andato, molto giovane. A noi, suoi amici, è rimasta una grande tristezza.