Firenze – La radio è viva, o meglio, è ancora viva. Lo stato di salute delle emittenti radio della Toscana è stato oggetto di indagine da parte di Assostampa Toscana che ieri ha presentato i risultati in un incontro avvenuto a palazzo Panciatichi.
Con il supporto del Corecom regionale e sotto il coordinamento di Chiara Brilli, presidente della commissione Radio in AST, Elena Guidieri e Isabella Mancini, è stato dato vita ad un interessante rapporto.
Indagare sulla quantità e la qualità delle emittenti radiofoniche della nostra regione non è stato un lavoro facile, un segnale di un settore che è stato lasciato a se stesso senza alcun monitoraggio nel tempo.
Delle oltre 50 emittenti presenti sul territorio non tutte hanno risposto alle domande poste dalle curatrici e qualche radio è stata perfino impossibile da raggiungere a causa di numeri di telefoni sbagliati o non recuperabili, siti praticamente inesistenti o totale rifiuto.
Ma quanto incide l’informazione sull’attività giornaliera delle radio della Toscana? Se si escludono pochi casi, l’ incidenza nel palinsesto è bassa o, in alcuni casi, non è curata da nessuna redazione interna. Insomma mancano giornalisti e capo-redattori, sostituiti da personale non appartenente all’ordine e da collaboratori esterni che si affidano ad agenzie e che non producono in proprio.
Così su oltre 50 emittenti sono solo 29 i giornalisti regolarmente assunti e quasi tutti a Firenze. Nelle radio di Arezzo e Pistoia non c’è nessun giornalista assunto, 1 solo a Livorno, 2 a Lucca e a Massa, 5 a Pisa e Siena.
Leggendo il report (scaricabile su www.assostampa.org) si notano casi eclatanti come quella radio con ben 29 dipendenti ma non un giornalista e , inoltre, tutti part-time e nessuno a tempo indeterminato.
“Questa indagine – ha detto Chiara Brilli – è un’analisi utile anche per le istituzioni che come la regione Toscana promuovono bandi a sostegno dell’informazione virtuosa.” Si evince che la radio ha necessità di chiarezza e l’analisi è più qualitativa che economica anche se spesso le due cose vanno di pari passo.
Radio e giornalismo non vanno a braccetto, si legge nella ricerca. L’informazione, in alcuni casi, è per le radio, non è un servizio al territorio di riferimento ma un “dovere” portato avanti con poca convinzione. Ai contributi pubblici in Toscana accedono 44 emittenti, 30 commerciali e 14 comunitarie che sottostanno a due graduatorie in cui intervengono fatturato, numero di giornalisti, dipendenti assunti e collaboratori.
In Toscana ci sono oggi emittenti che nel tempo, a causa del perdurare della crisi che allontana gli investimenti pubblicitari privati, hanno ridotto la quantità e il livello di informazione. I nuovi mezzi di comunicazione, inoltre, hanno allontanato investitori e raccolta pubblicitaria dalla radio facendo percepire la radio come mezzo “obsoleto”. In realtà i ritorni di immagine delle pubblicità radiofoniche sono alti ma i pubblicitari sembrano ignorarlo.
L’indagine ha anche spaziato sulle web radio, facendo emergere che in pochissime hanno giornalisti all’interno anche se i costi sono infinitamente più bassi. Ciò che incide sulla radio “classica” è la gestione degli apparati di ripetizione oltre al personale, costi che nel caso delle web radio non sono presenti.
Dalle interviste è emerso che solo una piccola parte tra direttori e editori vede un futuro roseo anche se forse tutto questo rientra nel clima “economicamente grigio” generale.