Ammettiamolo: Pierluigi Castagnetti batte 7per24, bontà sua, 200 e oltre a 0. Per noi non si tratta di una semplice sconfitta, bensì di una debacle, di una Caporetto, fors’anche di una Waterloo. Insomma un’umiliazione senza tempo né fine. Roba da non riaversi mai più ma d’altronde la lotta era impari, non c’era storia.
Come vedete sopra, abbiamo fatto questo esperimento: dopo che l’ex parlamentare reggiano, ancor oggi il politico locale di gran lunga più influente (vedi il recente “caso Mattarella”), ha postato la frase fatta e strafatta, specie se confrontata alle possibilità espressive del nostro, ricevendo in pochissimo tempo centinaia di “mipiacizzazioni”, l’abbiamo seguito a ruota anche noi.
Solo un po’ più correttamente: ovvero con l’apostrofo per l’elisione di “que” e scrivendo Paese con la P maiuscola che distingue i termini. Da nazione a comune. Ebbene, ma ce la siamo andata a cercare, non ci ha cagato nessuno. Ma come, la frase, seppur già scritta, sentita e vista alcuni milioni di volte, dalla nascita delle prime forme di via sociale organizzata ad oggi, era esattamente la stessa…Ma allora perché la rincorsa a sdilinquere quel misero (in termini di lunghezza) paragrafetto, lo stesso che, da noi apposto, avrà provocato al massimo una smorfia di compassione nei nostri ipotetici (ancor più che eventuali) lettori al pensiero di “poveri banalotti sfigati”?
Chi siamo noi, i figli di un social network minore? I maldestri dicitori di un luogo comune che nella bocca di altri diventa invece un pronunziamento divino degno della massima attenzione, un ipse dixit apodittico e sublime non inferiore al prologo del presunto Vangelo di S.Giovanni, “In principio era il Verbo…? Perché la medesima locuzione se trascinata dall’uomo della strada diventa una carriola sgangherata mentre si trasforma nella carrozza dorata di una principessa se il cocchiere è vip, manco fosse l’infuocato Carro di Elia? Lui Cenerentola, noi Cenerantoli.
La risposta è da interrogativa indiretta ed è da tutti arciconosciuta ma regaliamoci ‘sto finale autoconsolatorio: perché non importa cosa posti, ma chi lo posta. Non frega niente il contenuto, ma se il contenitore possa o no essere sfiorato dal Re Mida di turno. Se domani novelli o redivivi, ancorché sconosciuti Pico della Mirandola o Gioacchino da Fiore cinguettassero lì la frase più originale del patrimonio umano in quel momento asserito o il pensiero più controcorrente mai elaborato, non verrebbero filati manco per sbaglio.
Quando al contrario personaggi influenti nell’immaginario collettivo ti piantano lì anche le foto delle loro deiezioni mattutine, esse vengono subissate dai like compulsivi da gioiosi igienisti che sperano prima o poi negli effetti virtuali (e virali) del gabinetto magico del dottor Caligari.
I social network sono così tristemente diventati la nostra carta d’identità. Non importa chi siamo realmente. Hanno surrogato la nostra vera faccia e fors’anche la fedina penale.
I meccanismi di appartenenza social sono purtroppo simili a quelli dei gruppi rituali; si ammicca dalla propria conventicola, ci si piace, si condividono le stesse (spesso) banalità, indorate come irrintracciabili perle di rara saggezza. Poi ci si bea dei complimenti, superlativi assoluti da stupor mundi, al sicuro di una (finta) comunità, inesistente nei fatti ma sempre presente col mouse. Che tanto costa poco.
Costa invece molto di più atteggiarsi a cittadini adulti, culturalmente e caratterialmente, in grado di un confronto dialettico senza un wikipedia nascosto di sostegno. La declinazione in cittadino medio che si erge su facebook a titano della postazione primigenia non è che il risultato della perseverante mancanza di meritocrazia che sta alla base dell’intreccio politica-lavoro sottesa ai nostri modi di vita. Preferiamo accodarci alla tracimante carica retorica e a volte ipocrita da “bene comune”.
Già, com’è difficile governare ‘sto Paese, si fa prima a rilasciare stereotipi e com’è difficile intonare voci fuori dal coro. E’ più utile piacizzare con un click.
P.S.
Andata a scorrere i “mi piace” del post castagnettiano. Alla fine anche noi non siamo riusciti a resistere…