Firenze – Servizio di assistenza domiciliare, l’impatto della seconda ondata di pandemia rischia di far saltare il sistema. In questa attività gli operatori svolgono servizi essenziali di assistenza diretta alla persona, come la cura dell’igiene e la preparazione del pasto ad anziani e diversamente abili, e servizi non essenziali di supporto e monitoraggio alla persona come spese, pulizie dell’alloggio e accompagnamenti per passeggiate all’esterno dell’abitazione. L’assistenza domiciliare è in buona parte esternalizzata e affidata a cooperative. E sono proprio questi gli operatori che vengono a trovarsi, in questo momento, in una particolare situazione di incertezza riguardo alla salute, propria e degli utenti. “In vari quartieri di Firenze – come dicono dai sindacati Usb e Cub – cominciano ad essere presenti diversi casi di utenti positivi e di conseguenza di operatori a casa in attesa del tampone. Il rischio da evitare è che si ripeta anche per il servizio di assistenza domiciliare la stessa dinamica che è avvenuta e sta tutt’ora avvenendo nelle RSA, con il conseguente scoppio di focolai. Senza un intervento chiaro ed attento si rischia che il servizio vada totalmente fuori controllo”.
Un rischio controllabile, dicono i sindacati di base, se si mettessero in atto alcune precauzioni, che peraltro sono già state esperite nel periodo della prima ondata covid, vale a dire da marzo 2020 a giugno, come limitare subito le attività ai soli servizi essenziali. Infatti i lavoratori ritengono che sia indispensabile sia per la sicurezza dell’assistito (che è la parte più fragile) che dell’operatore, la possibilità di limitare il contatto in ambiente chiuso, sotto i 50 minuti regolamentari. Senza intaccare la piena retribuzione di chi opera in condizioni di grande rischio.
Inoltre, come sottolineato dai sindacati, tuttora, nonostante l’interrogazione sul tema portata in consiglio comunale dai consiglieri di Spc Palagi e Bundu, per gli operatori di questo servizio non sono previste modalità di sorveglianza sanitaria con tempi e modi ben definiti, come invece accade per altri servizi come i centri diurni o le RSA.
Di fatto, anche per questa fascia di operatori è fondamentale la necessità di avere un monitoraggio efficace, dal momento che il lavoratore viene a contatto con molti utenti e anche con i familiari talvolta presenti in famiglia. In realtà, la cooperativa dovrebbe fare una sorta di controllo telefonico il giorno prima della visita dell’operatore, in cui ci si accerti sostanzialmente se l’utente mostra sintomi riconducibili all’infezione da covid. Inutile sottolineare che questo controllo è perlopiù agevolmente evaso, e comunque inutile in caso di asintomatici. I sindacati denunciano anche che i DPI previsti sono mascherine chirurgiche e FFP2, quest’ultimi da utilizzarsi solo nel caso in cui gli utenti non possano indossare la mascherina per problemi sanitari. Non solo.
Il problema principale, per quanto riguarda la sicurezza, è questo: a quanto dicono i lavoratori e i sindacati, l’unico controllo che è stato fatto è un test seriologico a maggio 2020.
“Adesso non ci possono essere più scuse, gli operatori chiedono tamponi periodici (più utili dei sierologici in quanto più attendibili) ogni quindici giorni, per essere costantemente monitorati e aumentare così la prevenzione da covid-19”.