Asili nido, crescono le possibilità che le famiglie italiane possano usufruire del servizio. Un servizio che spesso è l’unica strada che consente al genitore che si prende cura della prole di continuare la propria attività lavorativa, con la possibilità di incrementare o sostenere il reddito famigliare, di non incorrere in un’interruzione della carriera, e via di questo passo, fino a permettere alle famiglie con reddito “fragile” di non scivolare nella già ampia fascia delle povertà. Un’opportunità dunque spesso significativa per le famiglie, che ha visto, secondo i dati riportati da Openpolis.it, l’allargarsi dell’offerta, che passa, tra il 2021 e il 2022, da 28 a 30 posti ogni 100 bambini da 0 a 3 anni. Posizione che porta l’Italia a soli 3 punti dalle richieste europee, ovvero dall’obiettivo del 33%, che è stato recepito nella normativa nazionale con il decreto legislativo 65/2017. Anche se, dopo la pandemia, la nuova soglia europea è stata fissata al 45%.
I motivi – Sono due, secondo l’analisi compiuta sui dati rilevati da Openpolis, le cause che hanno provocato la spinta in avanti dell’offerta: da un lato, l’effettivo accrescimento dei posti disponibili, dall’altro, “l’inverno demografico”, come ormai lo definiscono in molti, ovvero la frenata delle nascite. Per quanto riguarda il primo punto, la serie numerica dò l’idea della progressione: “nel 2019 – dicono da Openpolis – i posti autorizzati erano 361mila, calati a 350mila unità nel biennio 2020-21. Nel 2022 l’offerta sale a 366mila posti, il dato più alto della serie storica: +4,5% rispetto al 2021, +1,5% rispetto al periodo pre-pandemia”.
Ancora i numeri tuttavia rendono evidente la portata del calo demografico. Secondo quanto riporta la ricerca di Openpolis, agli inizi della serie storica, nel 2013-14, i residenti con meno di 3 anni in Italia erano circa 1,6 milioni, scesi, già prima della pandemia, sotto la soglia degli 1,4 milioni; nel 2022 diventano poco più di 1,2 milioni. Il calo è del 9% rispetto al 2019 e del 24% rispetto al 2013.
Inoltre, le due faglie che dividono il Paese sui servizi, nel caso particolare sugli asili nido, sono da un lato quella che separa il Sud dal Centro-Nord, e l’altra, quella che separa le aree interne dai comuni cosiddetti polo, che costituiscono il baricentro per quanto riguarda i servizi.
I comuni del Mezzogiorno d’Italia rimangono infatti agli ultimi posti, pur in seguito a un accrescimento dell’offerta, che tuttavia, partendo da un dato molto basso, non basta a raggiungere le performance dei comuni del centro nord: nelle sei regioni italiane che hanno già raggiunto l’obiettivo europeo, modificato dopo la pandemia, del 45% di posti disponibili, troviamo solo la Sardegna, sesta. Per il resto del Sud, la battaglia è impari; si passa dalla Calabria con 15,7 posti ogni 100 bambini, a Sicilia e Campania, con un rapporto rispettivamente del 13,9% e del 13,2%; la Puglia supera la soglia psicologica del 20%, tra il 20 e 30% : Basilicata, Molise e Abruzzo. La Sardegna capofila del Sud con 35,2 posti ogni 100 bambini.
Per quanto riguarda le città polo, anche in questo caso si riscontrano differenze, ma non solo fra nord e sud. Infatti, l’andamento, secondo i dati della ricerca, va a rarefarsi spostandosi dalle città polo, capoluoghi di provincia ad esempio, verso l’esterno, con un andamento di rarefazione dei posti disponibili via via che ci si allontana dal centro. Tant’è vero he, se sono 37 ogni cento bambini i posti di nido nelle città baricentriche, si assiste al calo progressivo nei comuni di cintura, dove si arriva a una media del 27% e del 23% nelle aree interne. Nei comuni ultraperiferici, ovvero, seguendo Openpolis, quelli a oltre 67 minuiti dal polo più vicino, si scende a 18 posti (un po’ di meno) per ogni 100 bambini.
Altre differenze si riscontrano nei capoluoghi. Sono 32, i capoluoghi italiani che presentano un livello di nidi e servizi per la prima infanzia già sopra la nuova soglia del 45% fissata dalla Ue. Interessante il caso Sardegna, che presenta ben due comuni ai primi posti: Nuoro, con 82,1 posti ogni 100 bambini, Sassari con 61,5%. La terza posizione spetta a Ferrara, col 60%. Negli altri 29 casi, si tratta di comuni tutti situati nel centro nord. I comuni che non raggiungono i 15 posti per ogni 100 bambini sono 9 e tutti al sud: Caserta (14,9%), Palermo (12,8%), Isernia (12,4%), Andria (11,2%), Ragusa (10,7%), Messina (10,3%), Barletta (8,3%), Catania (8%) e Campobasso (7%).